L’aurora è sorta completamente. Già il sole è alto e gli apostoli fanno sentire le loro voci. è un segnale per
Gesù e Maria. Si fermano. Si guardano, l’Uno di fronte all’Altra, e poi Gesù apre le braccia e accoglie sul
petto sua Madre... Oh! era ben un Uomo, un Figlio di Donna! Per crederlo basta guardare questo addio!
L’amore trabocca in pioggia di baci sulla Madre amatissima.
L’amore copre di baci il Figlio amatissimo.
Sembra non si possano più separare. Quando pare che stiano per farlo, un altro abbraccio li unisce ancora, e
fra i baci parole di reciproca benedizione...
Oh! è proprio il Figlio dell’uomo che lascia Colei che lo ha
generato!
è proprio la Madre che congeda, per renderla al Padre, la sua Creatura, il Pegno dell’Amore alla
Purissima... Dio che bacia la Madre di Dio!...
Infine la Donna, come creatura, si inginocchia ai piedi del suo Dio, che è pur suo Figlio, e il Figlio, che è
Dio, impone le mani sul capo della Madre Vergine, dell’eterna Amata, e la benedice nel Nome del Padre, del
Figlio e dello Spirito Santo, e poi si china e la rialza, deponendole un ultimo bacio sulla fronte bianca come
petalo di giglio sotto l’oro dei capelli così giovanili ancora...
Vanno di nuovo verso casa. […..]
Entrano nella stanza dove dieci giorni prima erano le donne per la cena del quattordicesimo giorno del
secondo mese. Maria accompagna Gesù sino là, poi si ritira.
Restano Gesù e gli undici.
Sulla tavola vi è della carne arrostita, formaggelli e ulive piccole e nere, una piccola anfora di vino e una più
grande d’acqua e dei larghi pani. Tavola semplice, non apparecchiata per una cerimonia di lusso, ma solo per
necessità di cibo.
Gesù offre e fa le parti.
è al centro fra Pietro e Giacomo d’Alfeo. Li ha chiamati Lui a quei posti. Giovanni,
Giuda d’Alfeo e Giacomo gli sono di fronte, e Tommaso, Filippo, Matteo a un lato, Andrea, Bartolomeo e lo
Zelote sull’altro.
Così tutti possono vedere il loro Gesù...
Pasto breve, silenzioso. Gli apostoli, giunti
all’ultimo giorno di vicinanza con Gesù, e nonostante le successive apparizioni, collettive o singole, dalla
Risurrezione in poi, tutte amore, non hanno mai più perduto quel venerabondo ritegno che ha caratterizzato i
loro incontri con Gesù Risorto.
Il pasto è finito.
Gesù apre le mani al di sopra della tavola, col suo atto abituale davanti ad un fatto
ineluttabile, e dice:
«Ecco è venuta l’ora che Io debbo lasciarvi per tornare al Padre mio. Ascoltate le ultime parole del vostro
Maestro.
Non allontanatevi da Gerusalemme in questi giorni. Lazzaro, al quale ho parlato, ha provveduto una volta
ancora a fare realtà i desideri del suo Maestro e cede a voi la casa dell’ultima Cena, perché abbiate una
dimora nella quale raccogliere l’adunanza e raccogliervi in preghiera.
State là dentro in questi giorni e
pregate assiduamente per prepararvi alla venuta dello Spirito Santo, che vi completerà per la vostra missione.
Ricordatevi che Io, che pure ero Dio, mi sono preparato con una severa penitenza al mio ministero di
Evangelizzatore.
Sempre più facile e sempre più breve sarà la vostra preparazione.
Ma non esigo altro da voi.
Mi basta solo che preghiate assiduamente, in unione coi settantadue e sotto la guida di mia Madre, che vi
raccomando con premura di Figlio.
Ella vi sarà Madre e Maestra di amore e sapienza perfetta.
Avrei potuto mandarvi altrove per prepararvi a ricevere lo Spirito Santo, ma voglio invece che qui rimaniate,
perché è Gerusalemme negatrice che deve stupire per la continuazione dei prodigi divini, dati a risposta delle
sue negazioni.
Dopo, lo Spirito Santo vi farà comprendere la necessità che la Chiesa sorga proprio in questa
città che, giudicando umanamente, è la più indegna di averla.
Ma Gerusalemme è sempre Gerusalemme,
anche se il peccato la colma e se qui si è compiuto il deicidio.
Nulla gioverà per essa. è condannata. Ma, se
condannata essa è, non tutti condannati sono i suoi cittadini.
State qui per i pochi giusti che essa ha nel suo
seno, e state qui perché questa è la città regale e la città del Tempio, e perché, come è predetto dai profeti,
qui, dove è stato unto e acclamato e innalzato il Re Messia, qui deve avere inizio il suo regno sul mondo, e
qui ancora, dove da Dio ha libello di ripudio la sinagoga per i suoi troppo orrendi delitti, deve sorgere il
Tempio nuovo al quale accorreranno genti d’ogni nazione.
Leggete i profeti.
(per esempio: Isaia 2, 1-5; 49, 5-6; 55, 4-5; 60; Michea 4, 1-2; Zaccaria 8, 20-23).
In essi
tutto è predetto.
Mia Madre prima, poscia lo Spirito Paraclito, vi faranno comprendere le parole dei profeti
per questo tempo.
Rimanete qui sino a quando Gerusalemme ripudierà voi come mi ha ripudiato e odierà la mia Chiesa come
ha odiato Me, covando disegni per sterminarla.
Allora portatela altrove, la sede di questa mia Chiesa diletta,
perché essa non deve perire.
Io ve lo dico: neppur l’inferno prevarrà su essa.
Ma, se Dio vi assicura la sua
protezione, non tentate il Cielo esigendo tutto dal Cielo.
Andate in Efraim come vi andò il vostro Maestro
perché non era l’ora di esser preso dai nemici. Vi dico Efraim per dirvi terra di idoli e pagani. Ma non sarà
Efraim di Palestina che dovete eleggere a sede della Chiesa mia. Ricordatevi quante volte, a voi uniti o a un
di voi singolarmente, ho parlato di questo, predicendovi che avreste dovuto calcare le vie della Terra per
giungere al cuore di essa e là fissare la mia Chiesa.
è dal cuore dell’uomo che il sangue si propaga per tutte
le membra.
è dal cuore del mondo che il Cristianesimo si deve propagare a tutta la Terra.
Per ora la mia Chiesa è simile a creatura già concepita ma che ancora si forma nella matrice. Gerusalemme è
la sua matrice, e nel suo interno il cuore ancor piccolo, intorno al quale si radunano le poche membra della
Chiesa nascente, dà le sue piccole onde di sangue a queste membra.
Ma, giunta l’ora che Dio ha segnata, la
matrice matrigna espellerà la creatura formatasi nel suo seno, ed essa andrà in una terra nuova, e là crescerà
divenendo grande Corpo, esteso a tutta la Terra, e i battiti del forte cuore della Chiesa si propagheranno a
tutto il gran Corpo.
I battiti del cuor della Chiesa, affrancatasi da ogni legame col Tempio, eterna e vittoriosa
sulle rovine del Tempio perito e distrutto, vivente nel cuore del mondo, a dire ad ebrei e gentili che Dio solo
trionfa e vuole ciò che vuole, e che nè livore di uomini nè schiere di idoli arrestano il suo volere.
Ma questo verrà poi, e in quel tempo voi saprete cosa fare.
Lo Spirito di Dio vi condurrà.
Non temete.
Per
ora raccogliete in Gerusalemme la prima adunanza dei fedeli. Poi altre adunanze si formeranno più il numero
di essi crescerà.
In verità vi dico che i cittadini del mio Regno aumenteranno rapidamente come semi gettati
in ottima terra.
Il mio popolo si propagherà per tutta la Terra.
Il Signore dice al Signore: (come per Abramo
in: Genesi 22, 15-18)
“Siccome Tu hai fatto questo e per Me non ti sei risparmiato, Io ti benedirò e
moltiplicherò la tua stirpe come le stelle del cielo e come le arene che sono sul lido del mare. La tua progenie
possederà la porta dei suoi nemici e nella tua progenie saranno benedette tutte le nazioni della Terra”.
Benedizione è il mio Nome, il mio Segno e la mia Legge, là dove sono conosciuti sovrani.
Sta per venire lo Spirito Santo, il Santificatore, e voi ne sarete ripieni.
Fate d’esser puri come tutto quello che
deve avvicinare il Signore. Ero Signore Io pure come Esso. Ma avevo indossato sulla mia Divinità una veste
per potere stare fra voi, e non solo per ammaestrarvi e redimervi con gli organi e il sangue di essa veste, ma
anche per portare il Santo dei santi fra gli uomini, senza la sconvenienza che ogni uomo, anche impuro, potesse
posare gli occhi su Colui che temono di mirare i Serafini.
Ma lo Spirito Santo verrà senza velo di carne
e si poserà su voi e scenderà in voi coi suoi sette doni e vi consiglierà.
Ora, il consiglio di Dio è cosa così
sublime che occorre prepararsi ad esso con una volontà eroica di una perfezione che vi faccia somiglianti al
Padre vostro e al vostro Gesù, e al vostro Gesù nei suoi rapporti col Padre e con lo Spirito Santo.
Quindi,
carità perfetta e purezza perfetta, per poter comprendere l’Amore e riceverlo sul trono del cuore.
Perdetevi nel gorgo della contemplazione. Sforzatevi di dimenticare che siete uomini e sforzatevi a mutarvi
in serafini. Lanciatevi nella fornace, nelle fiamme della contemplazione. La contemplazione di Dio è simile a
scintilla che scocca dall’urto della selce contro l’acciarino e suscita fuoco e luce. è purificazione il fuoco che
consuma la materia opaca e sempre impura e la trasmuta in fiamma luminosa e pura.
Non avrete il Regno di Dio in voi se non avrete l’amore.
Perché il Regno di Dio è l’amore, e appare con
l’Amore, e per l’Amore si instaura nei vostri cuori in mezzo ai fulgori di una luce immensa che penetra e
feconda, leva le ignoranze, dà le sapienze, divora l’uomo e crea il dio, il figlio di Dio, il mio fratello, il re del
trono che Dio ha preparato per coloro che si dànno a Dio per avere Dio, Dio, Dio, Dio solo. Siate dunque
puri e santi per l’orazione ardente che santifica l’uomo, perché lo immerge nel fuoco di Dio che è la carità.
Voi dovete essere santi.
Non nel senso relativo che questa parola aveva sinora, ma nel senso assoluto che Io
ho dato alla stessa proponendovi la santità del Signore per esempio e limite, ossia la santità perfetta. Fra noi è
chiamato santo il Tempio, santo il luogo dove è l’altare, Santo dei santi il luogo velato dove è l’arca e il
propiziatorio. Ma in verità vi dico che coloro che possiedono la Grazia e vivono in santità per amor del
Signore sono più santi del Santo dei santi, perché Dio non si posa soltanto su essi, come sul propiziatorio che
è nel Tempio per dare i suoi ordini, ma abita in essi per dare ad essi i suoi amori.
Ricordate le mie parole dell’ultima Cena?
Vi avevo promesso allora lo Spirito Santo.
Ecco, Egli sta per
venire a battezzarvi non già con l’acqua, come ha fatto con voi Giovanni preparandovi a Me, ma col fuoco
per prepararvi a servire il Signore così come Egli vuole da voi.
Ecco, Egli sarà qui, di qui a non molti giorni.
E dopo la sua venuta le vostre capacità aumenteranno senza misura, e voi sarete capaci di comprendere le
parole del vostro Re e fare le opere che Egli vi ha detto di fare per estendere il suo Regno sulla Terra».
«Ricostruirai allora, dopo la venuta dello Spirito Santo, il Regno d’Israele?», gli chiedono interrompendolo.
«Non ci sarà più Regno d’Israele.
Ma il mio Regno.
Ed esso sarà compiuto quando il Padre ha detto.
Non sta
a voi di sapere i tempi e i momenti che il Padre si è riservato in suo potere. Ma voi, intanto, riceverete la
virtù dello Spirito Santo che verrà su di voi, e mi sarete testimoni in Gerusalemme, in Giudea, e in Samaria, e
sino ai confini della Terra, fondando le adunanze là dove siano uomini riuniti nel mio Nome; battezzando le
genti nel Nome Ss. del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo, così come vi ho detto, perché abbiano la Grazia
e vivano nel Signore; predicando il Vangelo a tutte le creature, insegnando ciò che vi ho insegnato, facendo
ciò che vi ho comandato di fare.
Ed Io sarò con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo.
E questo voglio ancora. Che a presiedere l’adunanza di Gerusalemme sia Giacomo, fratello mio. Pietro, come
capo di tutta la Chiesa, dovrà sovente intraprendere viaggi apostolici, perchè tutti i neofiti desidereranno
conoscere il Pontefice capo supremo della Chiesa. Ma grande sarà l’ascendente che sui fedeli di questa prima
Chiesa avrà il fratello mio. Gli uomini sono sempre uomini e vedono da uomini. Parrà loro che Giacomo sia
una continuazione di Me, solo perchè mi è fratello. In verità Io dico che più grande, e somigliante al Cristo,
egli è per sapienza che per parentela. Ma così è. Gli uomini, che non mi cercavano mentre ero fra loro, ora
cercheranno Me in colui che mi è parente. Tu, poi, Simon Pietro, sei destinato ad altri onori...».
«Che non merito, Signore. Te lo dissi quando mi apparisti e ancor te lo dico alla presenza di tutti. Tu sei
buono, divinamente buono, oltrechè sapiente, e giustamente hai giudicato me, che ti ho rinnegato in questa
città, non adatto ad esserne il capo spirituale. Tu mi vuoi risparmiare da tanti giusti scherni...».
«Tutti fummo uguali meno due, Simone. Io pure sono fuggito. Non per questo, ma per le ragioni che ha
detto, il Signore ha destinato me a questo posto; ma tu sei il mio Capo, Simone di Giona, ed io tale ti
riconosco, e alla presenza del Signore e di tutti i compagni ti professo ubbidienza. Ti darò ciò che posso per
aiutarti nel tuo ministero, ma, te ne prego, dammi i tuoi ordini, perché tu sei il Capo ed io il suddito.
Quando il Signore mi ha ricordato un discorso lontano (Vedi Vol 4 Cap 258), io ho chinato il capo dicendo:
“ Sia fatto ciò che Tu vuoi”. Così lo dirò a te dal momento che, avendoci lasciati il Signore, tu ne sarai il
Rappresentante in Terra. E ci ameremo aiutandoci nel ministero sacerdotale», dice Giacomo inchinandosi dal
suo posto per rendere omaggio a Pietro.
«Sì. Amatevi fra voi, aiutandovi scambievolmente, perché questo è il comandamento nuovo e il segno che
voi siete veramente di Cristo.
Non turbatevi per nessuna ragione. Dio è con voi. Voi potete fare ciò che Io voglio da voi. Non vi imporrei
delle cose che non potreste fare, perché non voglio la vostra rovina, ma anzi la vostra gloria. Ecco. Io vado a
preparare il vostro posto a fianco del mio trono. State uniti a Me e al Padre nell’amore. Perdonate al mondo
che vi odia. Chiamate figli e fratelli quelli che vengono a voi, o già sono con voi per amor mio.
State nella quiete di sapermi sempre pronto ad aiutarvi a portare la vostra croce. Io sarò con voi nelle fatiche
del vostro ministero e nell’ora delle persecuzioni, e non perirete, non soccomberete, anche se ciò sembrerà a
quelli che vedono con gli occhi del mondo. Sarete gravati, addolorati, stanchi, torturati, ma il mio gaudio
sarà in voi, perché Io vi aiuterò in ogni cosa. In verità vi dico che, quando avrete ad Amico l’Amore, capirete
che ogni cosa subìta e vissuta per amor mio diviene leggera, anche se è tortura pesante del mondo. Perchè a
colui che riveste ogni sua azione, volontaria o impostagli, di amore, muta il giogo della vita e del mondo in
giogo a lui dato da Dio, da Me.
Ed Io vi ripeto che il mio carico è sempre proporzionato alle vostre forze e il
mio giogo è leggero perché Io vi aiuto a portarlo.
Voi lo sapete che il mondo non sa amare. Ma voi d’ora in poi amate il mondo di amor soprannaturale, per
insegnargli ad amare. E se vi diranno, vedendovi perseguitati: “Così vi ama Dio? Facendovi soffrire, dandovi
dolore? Allora non merita conto esser di Dio”, rispondete:
“Il dolore non viene da Dio. Ma Dio lo permette, e
noi ne sappiamo la ragione e ci gloriamo di avere la parte che ebbe Gesù Salvatore, Figlio di Dio”.
Rispondete:
“Noi ci gloriamo di esser confitti alla croce e di continuare la Passione del nostro Gesù”.
Rispondete con le parole della Sapienza (2, 23-24): “La morte e il dolore sono entrati nel mondo per invidia
del demonio, ma Dio non è autore della morte e del dolore e non gode del dolore dei viventi. Tutte le cose di
Lui sono vita e tutte sono salutari”.
Rispondete:
“Al presente noi sembriamo perseguitati e vinti, ma nel
giorno di Dio, cambiate le sorti, noi giusti, perseguitati sulla Terra, staremo gloriosi davanti a coloro che ci
vessarono e disprezzarono”.
Però anche dite loro:
“Venite a noi! Venite alla Vita e alla Pace. Il nostro
Signore non vuole la vostra rovina, ma la salute vostra. Per questo ha dato il suo Figlio diletto, acciò voi tutti
foste salvati”.
E rallegratevi di partecipare ai patimenti miei per poter poi essere con Me nella gloria.
“ Io sarò la vostra
ricompensa oltremodo grande”, promette in Abramo il Signore a tutti i suoi servi fedeli. (Genesi 15, 1). Voi
sapete come si conquista il Regno dei Cieli: con la forza, e vi si giunge attraverso a molte tribolazioni.
Ma
colui che persevera come Io ho perseverato sarà dove Io sono.
Io ve l’ho detto quale è la via e la porta che conducono nel Regno dei Cieli, e Io per primo ho camminato per
quella e sono tornato al Padre per quella. Se ve ne fosse un’altra ve l’avrei insegnata, perché ho pietà della
vostra debolezza d’uomini. Ma non ve ne è un’altra... Indicandovela come unica via e unica porta, anche vi
dico, vi ripeto quale è la medicina che dà forza per percorrerla ed entrare.
è l’amore.
Sempre l’amore. Tutto
diviene possibile quando in noi è l’amore. E tutto l’amore vi darà l’Amore che vi ama, se voi chiederete in
Nome mio tanto amore da divenire atleti nella santità.
Ora diamoci il bacio d’addio, o amici miei dilettissimi».
Si alza per abbracciarli. Tutti lo imitano. Ma, mentre Gesù ha un sorriso pacifico, di una bellezza veramente
divina, essi piangono, tutti turbati, e Giovanni, abbandonandosi sul petto di Gesù, scuotendosi tutto nei
singhiozzi che gli rompono il petto tanto sono laceranti, chiede, per tutti, intuendo il desiderio di tutti:
«Dacci
almeno il tuo Pane, che ci fortifichi in quest’ora!».
«Così sia!»,
gli risponde Gesù.
E preso un pane lo spezza dopo averlo offerto e benedetto, ripetendo le parole
rituali. E lo stesso fa col vino, ripetendo poi:
«Fate questo in memoria di Me», aggiungendo: «che vi ho
lasciato questo pegno del mio amore per essere ancora e sempre con voi sinchè voi sarete con Me in Cielo».
Li benedice e dice: «Ed ora andiamo».
Escono dalla stanza, dalla casa...
[……]
Gesù chiama a Sé i pastori, Lazzaro, Giuseppe, Nicodemo, Mannaen, Massimino e gli altri dei settantadue
discepoli. Ma tiene vicino specialmente i pastori dicendo loro:
«Qui. Voi vicini al Signore che era venuto dal Cielo, curvi sul suo annichilimento, voi vicini al Signore che
al Cielo ritorna, con gli spiriti gioenti della sua glorificazione. Avete meritato questo posto, perchè avete
saputo credere contro ogni circostanza in sfavore e avete saputo soffrire per la vostra fede. Io vi ringrazio del
vostro amore fedele.
Tutti vi ringrazio.
Tu, Lazzaro amico.
Tu Giuseppe e tu Nicodemo, pietosi al Cristo quando esserlo poteva
essere grande pericolo.
Tu Mannaen, che hai saputo disprezzare i sozzi favori di un immondo per camminare
nella mia via.
Tu, Stefano, fiorita corona di giustizia, che hai lasciato l’imperfetto per il perfetto e sarai
coronato di un serto che ancor non conosci ma che ti annunceranno gli angeli.
Tu Giovanni, per breve tempo
fratello al seno purissimo e venuto alla Luce più che alla vista. (Come si narra al Vol 6 Cap 365).
Tu Nicolai,
che proselite hai saputo consolarmi del dolore dei figli di questa nazione.
E voi discepole buone e forti, nella
vostra dolcezza, più di Giuditta.
E tu Marziam, mio fanciullo, e d’ora in poi prendi il nome di Marziale (come previsto al Vol 3 Cap 198, a
ricordo del fanciullo romano, incontrato al Vol 8 Capp 508-509-538-550 e al capitolo 623), a ricordo del
fanciullo romano ucciso per via e deposto al cancello di Lazzaro col cartiglio di sfida: “ E ora di’ al Galileo
che ti resusciti, se è il Cristo e se è risorto”, ultimo degli innocenti che in Palestina persero la vita per servire
Me anche incoscientemente, e primo degli innocenti di ogni nazione che, venuti al Cristo, saranno per questo
odiati e spenti anzitempo, come bocci di fiori strappati allo stelo prima che s’aprano in fiore. E questo nome,
o Marziale, ti indichi il tuo destino futuro: sii apostolo in barbare terre e conquistale al tuo Signore come il
mio amore conquistò il fanciullo romano al Cielo.
Tutti, tutti benedetti da Me in questo addio, invocandovi dal Padre la ricompensa di coloro che hanno
consolato il doloroso cammino del Figlio dell’uomo.
Benedetta l’Umanità nella sua porzione eletta che è nei giudei come nei gentili, e che si è manifestata
nell’amore che ebbe per Me.
Benedetta la Terra con le sue erbe e i suoi fiori, i suoi frutti che mi hanno dato diletto e ristoro tante volte.
Benedetta la Terra con le sue acque e i suoi tepori, per gli uccelli e gli animali che molte volte superarono
l’uomo nel dare conforto al Figlio dell’uomo.
Benedetto tu, sole, e tu mare, e voi monti, colline, pianure.
Benedette voi, stelle che mi siete state compagne nella notturna preghiera e nel dolore.
E tu, luna, che mi hai
fatto lume all’andare nel mio pellegrinaggio di Evangelizzatore.
Tutte, tutte benedette, voi, creature, opere del Padre mio, mie compagne in quest’ora mortale, amiche a Colui
che aveva lasciato il Cielo per togliere alla tribolata Umanità i triboli della Colpa che separa da Dio.
E benedetti anche voi, strumenti innocenti della mia tortura: spine, metalli, legno, canape ritorte, perché mi
avete aiutato a compiere la Volontà del Padre mio!».
Che voce tonante ha Gesù!
Si spande nell’aria tepida e cheta come voce di un bronzo percosso, si propaga in
onde sul mare di volti che lo guardano da ogni direzione.
Io dico che sono delle centinaia di persone quelle che circondano Gesù che ascende, coi più diletti, verso la
cima dell’Uliveto. Ma Gesù, giunto vicino al campo dei Galilei, vuoto di tende in questo periodo fra l’una a
l’altra festa, ordina ai discepoli:
«Fate fermare la gente dove è, e poi seguitemi».
Sale ancora, sino alla cima più alta del monte, quella che è già più prossima a Betania, che domina dall’alto,
che non a Gerusalemme. Stretti a Lui la Madre, gli apostoli, Lazzaro, i pastori e Marziam. Più in là, a
semicerchio a tenere indietro la folla dei fedeli, gli altri discepoli.
Gesù è in piedi su una larga pietra un poco sporgente, biancheggiante fra l’erba verde di una radura. Il sole lo
investe facendo biancheggiare come neve la sua veste e rilucere come oro i suoi capelli. Gli occhi sfavillano
di una luce divina.
Apre le braccia in un gesto di abbraccio.
Pare voglia stringersi al seno tutte le moltitudini della Terra che il
suo spirito vede rappresentate in quella turba.
La sua indimenticabile, inimitabile voce dà l’ultimo comando:
«Andate! Andate in mio Nome ad
evangelizzare le genti sino agli estremi confini della Terra. Dio sia con voi. Il suo amore vi conforti, la sua
luce vi guidi, la sua pace dimori in voi sino alla vita eterna».
Si trasfigura in bellezza. Bello! Bello come e più che sul Tabor. Cadono tutti in ginocchio adorando. Egli,
mentre già si solleva dalla pietra su cui posa, cerca ancora una volta il volto di sua Madre, e il suo sorriso
raggiunge una potenza che nessuno potrà mai rendere...
è il suo ultimo addio alla Madre.
Sale, sale... Il sole, ancor più libero di baciarlo, ora che nessuna fronda anche lieve intercetta il cammino ai
suoi raggi, colpisce dei suoi fulgori il Dio-Uomo che ascende col suo Corpo Ss. al Cielo, e ne svela le Piaghe
gloriose che splendono come rubini vivi.
Il resto è un perlaceo ridere di luce.
è veramente la Luce che si
manifesta per ciò che è, in quest’ultimo istante come nella notte natalizia.
Sfavilla il Creato della luce del
Cristo che ascende.
Luce che supera quella del sole. Luce sovrumana e beatissima. Luce che scende dal
Cielo incontro alla Luce che sale... E Gesù Cristo, il Verbo di Dio, dispare alla vista degli uomini in questo
oceano di splendori...
In terra due unici rumori nel silenzio profondo della folla estatica:
il grido di Maria quando Egli scompare:
«Gesù!»,
e il pianto di Isacco.
Gli altri sono ammutoliti di religioso stupore, e restano là, come in attesa,
finché due luci angeliche candidissime, in forma mortale, appaiono dicendo le parole riportate nel capo
primo degli Atti Apostolici.
«Ci sono delle generosità particolari la cui fragranza è emanata unicamente dalle anime che sono une col mio Signore ed il cui profumo è apprezzato unicamente da Dio o da chi già vive nel regno di Dio.
è generosità sapere rinunciare alla libertà e chiudersi in un convento interdicendosi quelle gioie umane che Dio ha permesso ed il Figlio mio ha benedetto perché entrano nel campo dei disegni creativi e perpetuano, per mezzo delle creature, l’opera del Creatore.
Sorgente eterna di nuovi spiriti, il Padre crea nel Cielo le anime.
Semi destinati a far seme, esse si rivestono d’una carne e, divenute maschio e femmina, in unione di due carni in una, creano in terra nuove vesti per le nuove anime destinate a scendere sulla terra e popolarla di creature di Dio.
Non vi è gioia più grande, dopo quella di amare il Signore, di essere madre di una creatura propria e dire: "io ti ho formato, io ti ho nutrito e portato, io ti ho dato il mio sangue e il mio latte, le tue carni sono le mie e il mio pensiero è tuo perchè tu sei il pensiero e lo scopo della tua mamma".
Vi è una maternità più alta, ma quella non è già più umana ed è già compresa nella grande, insuperabile, prima gioia fra tutte, dell’amare il Signore, perché è l’amore totale al Signore nostro santissimo che ci fa amare le creature al punto di divenire madri per loro, pronte a dare loro la vita attraverso il nostro dolore e allo scopo di dare aumento di gloria all’Eterno aumentando i cittadini del suo Regno.
è generosità offrirsi vittime per il mondo.
è una grande generosità perchè vi fa simili al mio Gesù, Vittima innocente, santa, consumata dall’amore.
Ma vi è una generosità ancora più grande: la generosità eroica nella sua generale eroicità.
Dio, grande in una maniera a voi inconcepibile, compensa con fiumi di delizie le anime generose.
Si comunica ad esse in spirituali contatti. Dà luci che sono parole e parole che sono luci. Dà vitalità che sono riposo e riposo sul suo Cuore che è vitalità. Si fa sostegno dell’anima generosa e si unisce alla stessa quando vede che la generosità della creatura è stata così violenta da non misurare le forze, di modo che la creatura flette, come il Figlio mio, sotto un peso esorbitante al quale non si rifiuta, ma chiede solo le sia sollevato un momento per potersi rialzare e procedere, sino al culmine, perché è nel sacrificio totale che sa di raggiungere la gioia.
Ebbene, l’eroicità dell’eroicità nel sacrificio è quando una creatura spinge il suo amore a saper esser generosa anche nel rinunciare a questo conforto di avere l’aiuto e la presenza sensibile di Dio.
Maria, io l’ho provato. Io so. Io ti posso ammaestrare in questa scienza del sacrificio.
Poiché questa non è più semplice istruzione, è Scienza.
Chi giunge a questo punto non è scolaro: è docente in quella che è la più difficile delle scienze: il saper rinunciare non solo alla libertà, alla salute, alla maternità, all’amore umano, ma il saper rinunciare al conforto di Dio che rende sopportabili tutte le rinunce, non solo: le rende dolci e desiderate.
Allora si beve l’amaro che bevve mio Figlio e si conosce la solitudine che cinse il mio Cuore dal mattino dell’Ascensione alla mia Assunzione.
è la perfezione del soffrire.
Eppure, Maria io ero, nel mio soffrire, felice.
Non era egoismo in me, ma solo carità accesa.
Come avevo saputo, per gradi ascendenti, compiere tutte le offerte e le separazioni, sempre tenendo presente allo spirito che l’offerta e la separazione che lo trafiggevano compivano la volontà e aumentavano la gloria di Dio, mio Signore, e successivamente staccarmi dal Figlio mio per la sua preparazione alla missione, per la sua predicazione, per la sua cattura, per la sua morte, per la sua sepoltura - tutte cose di cui sapevo la breve durata - così seppi sorridere e benedirlo, senza tenere conto delle lacrime del cuore, nella prima alba del quarantesimo giorno della sua vita gloriosa, quando, senza testimoni come nel mattino della Risurrezione, Egli venne a darmi il suo bacio prima di ascendere al Cielo.
Io, Madre, perdevo il Figlio con la sua presenza che mi dava gioia ineffabile.
Ma io, sua prima credente, sapevo che per Lui finiva la sosta nel mondo nemico, che se più non poteva nuocergli, poichè era ormai irraggiungibile alle insidie dell’uomo, non cessava però d’essergli ostile.
Si aprissero i Cieli per accogliere nella gloria il Figlio che tornava al Padre dopo il dolore.
L’Amore trino si ricongiungesse senza più necessità di separazioni. Mi venisse pure a mancare la luce e il respiro poiché il mondo più non era abitato dal mio Gesù e nell’aria non era più l’alito suo a farla santa. Ma che Egli dopo esser stato "Figlio dell’uomo" tornasse "Figlio di Dio" rivestito della sua gloria divina in eterno.
Fu l’ultimo mio "Fiat!", nè fu meno pronto e generoso di quello di Nazareth.
Sempre "fiat" ai voleri di Dio.
Sia che venga a noi per divenire parte di noi sia che se ne stacchi per salire a prepararci la dimora nel suo Regno. Cingerlo di amore quando è con noi, vivere d’amore guardando là dove Egli è, per ricordargli che la sua serva lo ama e attende il suo sorriso d’invito per morire in uno slancio di gioia che è principio luminoso al fulgido, eterno giorno del Paradiso. Dopo averlo accolto, servito, ascoltato mentre è con noi, vivere senza diminuire di un grado l’amore perché Egli non è più a noi visibilmente presente.
Offrire questa rinuncia per sua gloria e per i fratelli. Perchè la nostra solitudine si muti in loro in divina compagnia, e il silenzio, che è ora nostro languore, si muti in Parola per tanti che hanno necessità d’essere evangelizzati dal Verbo.
Noi abbiamo i ricordi, Maria. Altri non hanno nulla. Noi abbiamo la certezza che Egli lavora per prepararci la dimora. Altri guardano al tempo come fiume la cui foce è il nulla. Dico "noi" poiché ti accomuno ai miei pensieri di allora.
Diamo, dai - e con te i generosi che vogliono raggiungere le vette della generosità - anche questa rinuncia, se ti verrà chiesta, perché il tuo tesoro sia tesoro di molti altri e gli indigenti dello spirito siano rivestiti di quella Luce, gli analfabeti dello spirito di quella Scienza che, una volta infuse, più non cessano di essere vive e attive, e che la Bontà ha concesso ai suoi prediletti per farne i suoi eletti.»