Quando nell'ira del Venerdì santo mi incontrai col Figlio mio ad un crocevia che menava al Golgota, nessuna parola uscì dalle nostre labbra fuorché: "Mamma!", "Figlio!".
Intorno a noi stava la Bestemmia, la Ferocia, lo Scherno e la Curiosità.
Inutile, davanti a queste quattro Furie, esporre il cuore con i suoi palpiti più santi. Si sarebbero precipitate su esso a ferirlo più ancora, perché quando l'uomo tocca la perfezione del Male è capace non solo del delitto verso i corpi ma anche verso il pensiero e il sentimento del suo simile.
Ci guardammo.
Gesù, che aveva già parlato alle donne pietose incitandole a piangere sui peccati del mondo, non mi guardò che fissamente, attraverso il velo del sudore, del pianto, della polvere, del sangue, che facevano crosta alle Sue palpebre.
Sapeva che io pregavo per il mondo a che avrei voluto piegare il Cielo in Suo soccorso alleviandogli non il supplizio, poichè questo doveva esser compiuto per decreto eterno, ma la durata di esso.
Lo avrei voluto piegare a costo di un mio martirio di tutta la vita.
Ma non potevo.
Era l'ora della Giustizia. Sapeva che Lo amavo come non mai. Ed io sapevo che mi amava e che più del velo della Veronica pietosa e di ogni altro soccorso gli sarebbe stato di sollievo il bacio della Sua Mamma. Ma anche questa tortura ci voleva per redimere le colpe del disamore.
I nostri sguardi si incontrarono, si allacciarono, si divisero lacerando i cuori nostri.
E poi la calca travolse e sospinse la Vittima verso il Suo altare e lo nascose all'altra vittima che già era sull'altare del sacrificio e che ero io, Madre dolorosa.