Le nozze di Cana i misteri della Luce Venti Misteri del Rosario, dagli scritti di Maria Valtorta Il Santo Rosario Lode, Onore, Gloria, Adorazione, Venerazione, Riparazione, Benedizione, Ringraziamento, Amore a Te DIO UNO e TRINO
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Le nozze di Cana

Vedo una casa.
Una caratteristica casa orientale - un cubo bianco, più largo che alto, con rade aperture - sormontata da una terrazza che fa da tetto, recinta da un muretto alto circa un metro e ombreggiata da una pergola di vite, che si arrampica fin là e stende i suoi rami su oltre metà di questa assolata terrazza.
Una scala esterna sale lungo la facciata sino all'altezza di una porta, che si apre a metà altezza della facciata. Sotto ci sono, al terreno, delle porte basse e rade, non più di due per lato, che mettono in stanze basse e scure. La casa sorge in mezzo ad una specie di aia, più spiazzo erboso che aia, che ha al centro un pozzo.
Vi sono delle piante di fico e di melo.
La casa guarda verso la strada, ma non è sulla strada. è un poco in dentro, e un viottolo fra l'erba l'unisce alla via che sembra una via maestra. Si direbbe che la casa è alla periferia di Cana: casa di proprietari contadini, i quali vivono in mezzo al loro poderetto. La campagna si stende oltre la casa con le sue lontananze verdi e placide. Vi è un bel sole e un azzurro tersissimo di cielo. In principio non vedo altro. La casa è sola.
Poi vedo due donne, con lunghe vesti e un manto che fa anche da velo, avanzarsi sulla via e da questa sul sentiero. Una è più anziana, sui cinquant'anni, e veste di scuro, un color bigiomarrone come di lana naturale.
L'altra è vestita più in chiaro, una veste di un giallo pallido e manto azzurro, e sembra avere un trentacinque anni. è molto bella, snella, e ha un portamento pieno di dignità, per quanto sia tutta gentilezza e umiltà.
Quando è più vicina, noto il color pallido del volto, gli occhi azzurri e i capelli biondi che appaiono sotto il velo sulla fronte.
Riconosco Maria Ss.
Chi sia l'altra, che è bruna e più anziana, non so.
Parlano fra loro e la Madonna sorride.
Quando sono prossime alla casa, qualcuno, certamente messo a guardia degli arrivi, dà l'avviso, ed incontro alle due vengono uomini e donne tutti vestiti a festa, i quali fanno molte feste alle due e specie a Maria Ss. [….]

Maria, molto festeggiata e fiancheggiata da un anziano che pare il padrone di casa, sale la scala esterna ed entra in un'ampia sala che pare tenere tutta o buona parte del piano sopraelevato. Mi pare di capire che gli ambienti al terreno sono le vere e proprie stanze di abitazione, le dispense, i ripostigli e le cantine, e questa sia l'ambiente riservato a usi speciali, come feste eccezionali, o a lavori che richiedano molto spazio, o anche a distensione di derrate agricole. Nelle feste lo svuotano da ogni impiccio e lo ornano, come è oggi, di rami verdi, di stuoie, di tavole imbandite. Al centro ve ne è una molto ricca, con sopra già delle anfore e piatti colmi di frutta. Lungo la parete di destra, rispetto a me che guardo, un'altra tavola imbandita, ma meno riccamente. Lungo quella di sinistra, una specie di lunga credenza, con sopra piatti con formaggi e altri cibi che mi paiono focacce coperte di miele e dolciumi. In terra, sempre presso questa parete, altre anfore e tre grossi vasi in forma di brocca di rame (su per giù). Le chiamerei giare.
Maria ascolta benignamente quanto tutti le dicono, poi con bontà si leva il manto ed aiuta a finire i preparativi della mensa. La vedo andare e venire aggiustando i letti-sedili, raddrizzando le ghirlande di fiori, dando migliore aspetto alle fruttiere, osservando che nelle lampade vi sia l'olio.
Sorride e parla pochissimo e a voce molto bassa.
Ascolta invece molto e con tanta pazienza.
Un grande rumore di strumenti musicali (poco armonici in verità) si ode sulla via. Tutti, meno Maria, corrono fuori. Vedo entrare la sposa, tutta agghindata e felice, circondata dai parenti e dagli amici, a fianco dello sposo che le è corso incontro per primo.

E qui la visione ha un mutamento. Vedo, invece della casa, un paese. Non so se sia Cana o altra borgata vicina. E vedo Gesù con Giovanni ed un altro che mi pare Giuda Taddeo, ma potrei, su questo secondo, sbagliare. Per Giovanni non sbaglio. Gesù è vestito di bianco ed ha un manto azzurro cupo. Sentendo il rumore degli strumenti, il compagno di Gesù chiede qualcosa ad un popolano e riferisce a Gesù.

«Andiamo a far felice mia Madre»
dice allora Gesù sorridendo.

E si incammina attraverso ai campi, coi due compagni, alla volta della casa. Mi sono dimenticata di dire che ho l'impressione che Maria sia o parente o molto amica dei parenti dello sposo, perché si vede che è in confidenza.

Quando Gesù arriva, il solito, messo di sentinella, avvisa gli altri. Il padrone di casa, insieme al figlio sposo ed a Maria, scende incontro a Gesù e lo saluta rispettosamente. Saluta anche gli altri due, e lo sposo fa lo stesso. Ma quello che mi piace è il saluto pieno di amore e di rispetto di Maria al Figlio e viceversa. Non espansioni, ma uno sguardo tale accompagna la parola di saluto:
«La pace è con te» e un tale sorriso che vale cento abbracci e cento baci. Il bacio tremola sulle labbra di Maria, ma non viene dato. Soltanto Ella pone la sua mano bianca e piccina sulla spalla di Gesù e gli sfiora un ricciolo della sua lunga capigliatura. Una carezza da innamorata pudica.
Gesù sale a fianco della Madre e seguito dai discepoli e dai padroni, ed entra nella sala del convito, dove le donne si danno da fare ad aggiungere sedili e stoviglie per i tre ospiti, inaspettati, mi sembra.
Direi che era incerta la venuta di Gesù e assolutamente impreveduta quella dei suoi compagni. Odo distintamente la voce piena, virile, dolcissima del Maestro dire, nel porre piede nella sala:

«La pace sia in questa casa e la benedizione di Dio su voi tutti».

Saluto cumulativo a tutti i presenti e pieno di maestà. Gesù domina col suo aspetto e con la sua statura tutti quanti. È l'ospite, e fortuito, ma pare il re del convito, più dello sposo, più del padrone di casa. Per quanto sia umile e condiscendente, è colui che si impone. Gesù prende posto alla tavola di centro con lo sposo, la sposa, i parenti degli sposi e gli amici più influenti. I due discepoli, per rispetto al Maestro, vengono fatti sedere alla stessa tavola. Gesù ha le spalle voltate alla parete dove sono le giare e le credenze. Non le vede perciò, e non vede neppure l'affaccendarsi del maggiordomo intorno ai piatti di arrosti, che vengono portati da una porticina che si apre presso le credenze. Osservo una cosa. Meno le rispettive madri degli sposi e meno Maria, nessuna donna siede a quel tavolo. Tutte le donne sono, e fanno baccano per cento, all'altra tavola contro la parete, e vengono servite dopo che sono stati serviti gli sposi e gli ospiti di riguardo. Gesù è presso il padrone di casa ed ha di fronte Maria, la quale siede a fianco della sposa. Il convito comincia. E le assicuro che l'appetito non manca e neanche la sete. Quelli che lasciano poco il segno sono Gesù e sua Madre (il significato è che poco mangiano e poco bevono), la quale, anche, parla pochissimo. Gesù parla un poco di più. Ma, per quanto sia parco, non è, nel suo scarso parlare, nè accigliato nè sdegnoso. È un uomo cortese ma non ciarliero. Interrogato risponde, se gli parlano si interessa, espone il suo parere, ma poi si raccoglie in Sè come uno abituato a meditare. Sorride, non ride mai. E, se sente qualche scherzo troppo avventato, mostra di non udire. Maria si ciba della contemplazione del suo Gesù, e così Giovanni, che è verso il fondo della tavola e pende dalle labbra del suo Maestro.

Maria si accorge che i servi parlottano col maggiordomo e che questo è impacciato, e capisce cosa c'è di spiacevole.

«Figlio» dice piano,
richiamando l'attenzione di Gesù con quella parola.

«Figlio, non hanno più vino».

«Donna, che vi è più fra Me e te?». Gesù, nel dirle questa frase, sorride ancor più dolcemente, e sorride Maria, come due che sanno una verità che è loro gioioso segreto, ignorata da tutti gli altri.


Gesù mi spiega il significato della frase.

«Quel "più ", che molti traduttori omettono (nel tradurre le parole che sono in: Giovanni 2, 4), è la chiave della frase e la spiega nel suo vero significato. Ero il Figlio soggetto alla Madre sino al momento in cui la volontà del Padre mio mi indicò esser venuta l'ora di essere il Maestro. Dal momento che la mia missione ebbe inizio, non ero più il Figlio soggetto alla Madre, ma il Servo di Dio. Rotti i legami morali verso la mia Genitrice. Essi si erano mutati in altri più alti, si erano rifugiati tutti nello spirito. Quello chiamava sempre "Mamma" Maria, la mia Santa. L'amore non conobbe soste, nè intiepidimento, anzi non fu mai tanto perfetto come quando, separato da Lei come per una seconda figliazione, Ella mi dette al mondo per il mondo, come Messia, come Evangelizzatore. La sua terza sublime mistica maternità fu quando, nello strazio del Golgota, mi partorì alla Croce facendo di Me il Redentore del mondo.

"Che vi è più fra Me e te? "Prima ero tuo, unicamente tuo. Tu mi comandavi, Io ti ubbidivo. Ti ero "soggetto". Ora sono della mia missione. Non l'ho forse detto? (Luca 9, 62; Vol 3 Cap 178; Vol 4 Cap 276)
"Chi, messa la mano all'aratro, si volge indietro a salutare chi resta, non è adatto al Regno di Dio ".
Io avevo posto la mano all'aratro per aprire col vomere non le glebe, ma i cuori, e seminarvi la parola di Dio. Avrei levato quella mano solo quando me l'avrebbero strappata di là per inchiodarmela alla croce ed aprire con il mio torturante chiodo il cuore del Padre mio, facendone uscire il perdono per l'umanità .

Quel "più", dimenticato dai più, voleva dire questo:

"Tutto mi sei stata, o Madre, finché fui unicamente il Gesù di Maria di Nazareth, e tutto mi sei nel mio spirito; ma, da quando sono il Messia atteso, sono del Padre mio. Attendi un poco ancora e, finita la missione, sarò da capo tutto tuo; mi riavrai ancora sulle braccia come quand'ero bambino, e nessuno te lo contenderà più, questo tuo Figlio, considerato un obbrobrio dell'umanità, che te ne getterà la spoglia per coprire te pure dell'obbrobrio d'esser madre di un reo. E poi mi avrai di nuovo, trionfante, e poi mi avrai per sempre, trionfante tu pure in Cielo. Ma ora sono di tutti questi uomini. E sono del Padre che mi ha mandato ad essi".

Ecco quel che vuol dire quel piccolo e così denso di significato "più"
».


Maria ordina ai servi:

«Fate quello che Egli vi dirà».

Maria ha letto negli occhi sorridenti del Figlio l'assenso, velato dal grande insegnamento a tutti i " vocati ". E ai servi: «Empite d'acqua le idrie» ordina Gesù.
Vedo i servi empire le giare di acqua portata dal pozzo (odo stridere la carrucola che porta su e giù il secchio gocciolante). Vedo il maggiordomo mescersi un poco di quel liquido con occhi di stupore, assaggiarlo con atti di ancor più vivo stupore, gustarlo e parlare al padrone di casa e allo sposo (erano vicini).

Maria guarda ancora il Figlio e sorride; poi, raccolto un sorriso di Lui, china il capo arrossendo lievemente.

è beata.

Nella sala passa un sussurrì o, le teste si volgono tutte verso Gesù e Maria, c'è chi si alza per vedere meglio, chi va alle giare.
Un silenzio, e poi un coro di lodi a Gesù.
Ma Egli si alza e dice una parola: «Ringraziate Maria» e poi si sottrae al convito. I discepoli lo seguono.

Sulla soglia ripete:
«La pace sia a questa casa e la benedizione di Dio su voi» e aggiunge:
«Madre, ti saluto».
La visione cessa.


Gesù mi istruisce ancora così:

«Quando dissi ai discepoli: "Andiamo a far felice mia Madre ", avevo dato alla frase un senso più alto di quello che pareva.
Non la felicità di vedermi,

ma di essere Lei l'iniziatrice della mia attività di miracolo e la prima benefattrice dell'umanità.

Ricordatevelo sempre.

Il mio primo miracolo è avvenuto per Maria.

Il primo.

Simbolo che è Maria la chiave del miracolo.

Io non ricuso nulla alla Madre mia, e per sua preghiera anticipo anche il tempo della grazia.

Io conosco mia Madre, la seconda in bontà dopo Dio.

So che farvi grazia è farla felice, poiché è la Tutta Amore.

Ecco perchè dissi, Io che sapevo:
"Andiamo a farla felice". Inoltre ho voluto rendere manifesta la sua potenza al mondo insieme alla mia. Destinata ad essere a Me congiunta nella carne - poichè fummo una carne: Io in Lei, Lei intorno a Me, come petali di giglio intorno al pistillo odoroso e colmo di vita - congiunta a Me nel dolore, poiché fummo sulla croce Io con la carne e Lei col suo spirito, così come il giglio odora e colla corolla e coll'essenza tratta da essa, era giusto fosse congiunta a Me nella potenza che si mostra al mondo.

Dico a voi ciò che dissi a quei convitati:

"Ringraziate Maria.
È per Lei che avete avuto il Padrone del miracolo e che avete le mie grazie, e specie quelle di perdono
".


[.....]Le nozze di Cana.
Ecco che da 20 secoli sono spunto ai maestri di spirito a predicare la santità del matrimonio compiuto con la grazia di Dio, a predicare la potenza delle preghiere di Maria, il suo insegnamento all'ubbidienza: "Fate ciò che Egli vi dirà", la potenza mia che muta l'acqua in vino, e così via.
Nessuno di questi frutti colti dal brano evangelico sono errati.
Ma non questi soli sono i frutti che l'episodio porta e che voi potete coglierne.

[....] questo è uno degli episodi della mia vita pubblica in cui è in germe il miracolo ultimo dell'Uomo-Dio: l'Eucarestia.

La Risurrezione è già miracolo di Dio-Uomo, il primo di tutti i miracoli venuti da quando, dalla Vittima distrutta dal Sacrificio, emerse il glorificato Gesù Dio-Uomo, il Vittorioso.

[....] L'Eucarestia è il miracolo ultimo dell'Uomo Dio.

La Risurrezione, il miracolo primo del Dio Uomo che da Se stesso trasmuta il suo Cadavere in Vivente eterno.

L'Eucarestia, trasformazione delle specie del pane e del vino in Corpo e Sangue di Cristo, è al limite fra le due epoche come una stella, quella del mattino, fra i due tempi che han nome Notte e Giorno.
E quando brilla la stella del mattino il viandante si dice: "Ora è giorno" benchè ancora non sia giorno, perchè sa che quella luce, ai limiti del cielo, è presagio d'alba.

L'Eucarestia è la Stella del mattino del tempo nuovo. La sua luce di miracolo d'amore è presagio d'alba, dell'alba del tempo di Grazia. Per questo sta, raggiante dei suoi fuochi, sospesa fra il tempo che si chiude e quello che s'apre, alla fine della mia predicazione, all'inizio della Redenzione.

Se la stella dell'Epifania brillò per dire ai re che il Re universale era dato al mondo, la stella della mia Eucarestia brillò nella Cena pasquale per dire al mondo che il vero Agnello stava per essere immolato, che già si immolava, dandosi spontaneamente in perpetuo cibo agli uomini perché il Sangue suo non bagnasse soltanto gli stipiti e gli architravi, ma circolasse, tutt'uno con loro, a farli santi, e la Carne immacolata fortificasse la loro debolezza mentre l'Anima del Cristo e la Divinità del Verbo abitano in loro portando seco l'inscindibile Presenza del Padre e dell'Eterno Spirito.

E fra l'annuncio della stella epifanica e l'annuncio della stella eucaristica, ecco brillare con i suoi simboli incompresi la luce del miracolo di Cana a dire al mondo ciò che avrebbe fatto, nel cuore di pietra degli uomini e con la povera acqua del loro pensiero, la Sapienza e Potenza incarnata.

"Tre giorni dopo c'era un banchetto". Tre giorni: tre epoche, prima del convito di gioia. La prima, dalla creazione del mondo sino alla punizione del diluvio; la seconda, dal diluvio alla morte di Mosè. La terza, da Giosuè, mia figura, alla mia venuta.

E ancora tre epoche, o tre giorni: i tre anni della mia predicazione prima del convito pasquale. E come avviene per un banchetto nuziale, che la preparazione ad esso è sempre più piena più si avvicina il momento del festino, così fu per il mio convito d'amore. Perciò sempre più chiare le voci del concerto profetico e le luci degli attendenti il vero Sposo che veniva a sposare Sé all'Umanità per farla regina.

"E vi era la Madre di Gesù".

La Madre!

Può mancare la Madre se deve essere partorito l'uomo nuovo?

Può non esservi Eva se deve essere d'ora in avanti la "Vita" dove era la Morte?

E può mancare la Donna mentre si avvicina l'ora che il Serpente avrà oppresso il capo e limitata la sua libertà d'azione?
Non può.

E la Madre dei viventi, l'Eva senza macchia, la Donna dell' "Ave" e del "Si faccia", la Donna dal calcagno potente, la Corredentrice, è presente al convito con cui ha inizio lo sponsale dell'Umanità con la Grazia.

Ma "venuto a mancare il vino" i convitati non avrebbero gioito per la presenza di Gesù. Oh! veramente quando venni per il mio convito di Grazia trovai che il vino mancava presto. Era troppo poco, e presto fu consumato, e gli uomini caddero in tristezza perchè Io deludevo le loro speranze di inebbriarsi di umani succhi di potenza e vendetta.

Che avevo trovato iniziando la mia missione? "Idrie di pietra preparate per le purificazioni dei Giudei". Ossia per le purificazioni materiali. Ecco. I cuori, dopo secoli e secoli di impura assimilazione della Sapienza, si erano mutati in idrie di pietra. E non già per purificare se stessi, ma per servire a purificare. Il rigorismo, l'esteriorità dei riti. Quel rigorismo che induriva senza servire a detergere neppure se stessi. Il solito peccato di superbia del credersi perfetti e di credere impuri gli altri. La durezza opaca della pietra opposta alla luce e alla duttilità della Sapienza che illumina a comprendere e aiuta ad amare. Cuori chiusi. Anche l'acqua che li empie non li fa morbidi. Serve a ghiacciarli. E nulla più. Gettata l'acqua, essi sono aridi, duri e senza profumo. Questo è l'esteriorità dei riti che colmano senza penetrare, senza trasformare, senza far dolci e profumati. Le idrie, i cuori, erano vuoti. Non contenevano neppure quel minimo di cosa utile che è l'acqua per purificare gli altri. Erano vuoti. Non avevano neppure pensato a colmarsi del minimo. Vuoti, arcigni, scabri, inutili, scuri nell'interno come un antro, bigi all'esterno per polvere e vecchiaia.

"Empite d'acqua le idrie".

Oh! quanta l'acqua viva che Io ho versato nei cuori di pietra degli ebrei perchè almeno avessero un minimo per essere utili ad alcunché! Ma essi non si mutarono e nella quasi maggioranza respinsero l'acqua, restando vuoti, duri, oscuri, arcigni.

"E ora attingete". Ecco. Nei cuori dove l'acqua fu accolta si mutò in vino eletto, tanto che il maestro di tavola disse:
"Tutti danno al principio il vino migliore e poscia il peggiore, mentre tu hai serbato il migliore alla fine".

Ho infatti serbato il migliore alla fine, Io, sposo del gran convito.

Nell'Ultima Cena, ultimo atto del Maestro, Io, Sposo, ho mutato non l'acqua in vino, ma il vino in Sangue mio per una nuova trasformazione che vi aiutasse, o uomini, ad essere felici della mia felicità che è santa ed eterna. Avevo per tre anni empito le idrie vuote dell'Acqua veniente dal Cielo. Ma ora l'acqua non bastava più. Veniva il tempo della lotta e del giubilo, e il vino è utile al lottatore e immancabile ai conviti. Ed Io vi ho dato l'Eucarestia, il mio Sangue, perché beveste la mia stessa forza, e forti foste, e la mia ilare volontà di servire Iddio, e diveniste eroi come il Maestro vostro, e la mia gioia fosse in voi.

Nè quel miracolo di trasformazione di una specie nell'altra ha più avuto fine.
Le idrie del convito di Cana si vuotarono presto lasciando ebbri gli invitati alle nozze.

La mia Eucarestia empie i calici e le pissidi di tutta la Terra da secoli.

E sino alla fine dei secoli gli affamati, gli esausti, i sitibondi, gli stanchi, gli afflitti, i morenti e quelli che appena cominciano a vivere con ragione, i puri come i penitenti, i malati come i sani, i sacerdoti come i laici, gli uomini d'ogni razza e condizione, sulle vette e nelle pianure, fra le nevi polari e all'equatore, sulle acque e sulle terre, vengono a bere, a mangiare, a nutrirsi, a salvarsi, a vivere del mio Sangue e della mia Carne, di questo Vino dato alla fine del Convito, alle soglie della Redenzione, perchè fosse il Convito perpetuo dello Sposo a chi lo ama e la Redenzione continua dei vostri languori e cadute.

Le nozze di Cana. La trasformazione dell'acqua in vino.
La Cena di Pasqua: la transustanziazione del pane e vino nel mio Corpo e nel mio Sangue.

La prima, a segnare l'inizio della mia missione di trasformazione degli ebrei dell'antico tempo in discepoli del Cristo.

La seconda, a segnare il principio della transustanziazione degli uomini in figli di Dio per la Grazia rivivente in loro.
L'ultimo miracolo dell'Uomo Dio.
Il primo e perpetuo miracolo dell'Amore umanizzato.

Questa, mio piccolo Giovanni, una delle applicazioni – ed è la più alta – del miracolo delle nozze di Cana.

[....]

Le nozze di Cana i misteri della Luce Venti Misteri del Rosario, dagli scritti di Maria Valtorta Il Santo Rosario Lode, Onore, Gloria, Adorazione, Venerazione, Riparazione, Benedizione, Ringraziamento, Amore a Te DIO UNO e TRINO