Istituzione dell' Eucarestia i misteri della Luce Venti Misteri del Rosario, dagli scritti di Maria Valtorta Il Santo Rosario Lode, Onore, Gloria, Adorazione, Venerazione, Riparazione, Benedizione, Ringraziamento, Amore a Te DIO UNO e TRINO
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L'istituzione dell'Eucarestia

L'agnello è quasi consumato.
Gesù, che ha mangiato pochissimo, bevendo solo un sorso di vino ad ogni calice e bevendo in compenso molt'acqua come fosse febbrile, riprende a parlare:

«Voglio che voi comprendiate il mio gesto di dianzi.
Vi ho detto che il primo è come l'ultimo e che vi darò un cibo non corporale.
Un cibo di umiltà vi ho dato.
Per lo spirito vostro. Voi chiamate Me: Maestro e Signore. Dite bene, perchè tale Io sono.

Se dunque Io ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete farvelo l'un l'altro.

Io vi ho dato l'esempio affinchè, come Io ho fatto, voi facciate. In verità vi dico: il servo non è da più del padrone, nè l'apostolo è più di Colui che tale lo ha fatto.
Cercate di comprendere queste cose.
Se poi, comprendendole, le metterete in pratica, sarete beati.
Ma non sarete tutti beati. Io vi conosco. So chi ho scelto. Non parlo di tutti ad un modo. Ma dico ciò che è vero. D'altra parte, deve compiersi ciò che è scritto a mio riguardo:
(Salmo 41, 10)

"Colui che mangia il pane con Me ha levato il suo calcagno su Me".

Tutto Io vi dico prima che avvenga, perchè non abbiate dubbi su Me.

Quando tutto sarà compiuto, voi crederete ancor più che Io sono Io. Chi accoglie Me accoglie Colui che mi ha mandato: il Padre santo che è nei Cieli; e chi accoglierà coloro che Io manderò, accoglierà Me stesso. Perchè Io sono col Padre e voi siete con Me... Ma ora compiamo il rito
».

Versa di nuovo vino nel calice comune e, prima di berne e di farne bere, si alza, e con Lui si alzano tutti, e canta di nuovo uno dei salmi di prima: «Ebbi fede e per questo parlai...», e poi uno che non finisce mai. Bello... ma eterno! Credo di ritrovarlo per l'inizio e la lunghezza, nel salmo 119. Lo cantano così. Un pezzo tutti insieme. Poi, a turno, uno ne dice un distico e gli altri insieme un pezzo, e così via sino alla fine.

Lo credo che alla fine abbiano sete!
Gesù si siede. Non si mette sdraiato. Resta seduto, come noi. E parla:

«Ora che l'antico rito è compiuto, Io celebro il nuovo rito.

Vi ho promesso un miracolo d'amore.

è l'ora di farlo. Per questo ho desiderato questa Pasqua. Da ora in poi questo è l'ostia che sarà consumata in perpetuo rito d'amore. Vi ho amato per tutta la vita della Terra, amici diletti. Vi ho amato per tutta l'eternità, figli miei.

E amare vi voglio sino alla fine.

Non vi è cosa più grande di questa. Ricordatevelo. Io me ne vado. Ma resteremo per sempre uniti mediante il miracolo che ora Io compio».

Gesù prende un pane ancora intiero, lo pone sul calice colmo. Benedice e offre questo e quello, poi spezza il pane e ne prende tredici pezzi e ne dà uno per uno agli apostoli dicendo:

«Prendete e mangiate. Questo è il mio Corpo.
Fate questo in memoria di Me che me ne vado».


Dà il calice e dice:

«Prendete e bevete. Questo è il mio Sangue. Questo è il calice del nuovo patto nel Sangue e per il Sangue mio, che sarà sparso per voi per la remissione dei vostri peccati e per darvi la Vita. Fate questo in memoria di Me».

Gesù è tristissimo. Ogni sorriso, ogni traccia di luce, di colore lo hanno abbandonato. Ha già un volto d'agonia. Gli apostoli lo guardano angosciati.
Gesù si alza dicendo:

«Non vi muovete. Torno subito».

Prende il tredicesimo pezzetto di pane, prende il calice ed esce dal Cenacolo.
«Va dalla Madre», sussurra Giovanni.
E Giuda Taddeo sospira: «Misera donna! ».
Pietro chiede in un soffio: «Credi che sappia?».
«Tutto sa. Tutto ha sempre saputo».
Parlano tutti a voce bassissima, come davanti ad un morto.
«Ma credete che proprio...», chiede Tommaso che non vuole ancora credere.
«E ne hai dubbi? è la sua ora», risponde Giacomo di Zebedeo.
«Dio ci dia la forza di essere fedeli», dice lo Zelote.
«Oh! io...» , sta per parlare Pietro.
Ma Giovanni, che è all'erta, dice: «ssshh. è qui».

Gesù rientra. Ha in mano il calice vuoto. Appena sul fondo vi è un'ombra di vino, e sotto la luce del lampadario pare proprio sangue. Giuda Iscariota, che ha davanti il calice, lo guarda come affascinato e poi ne torce lo sguardo. Gesù l'osserva ed ha un brivido che Giovanni, appoggiato come è al suo petto, sente. «Ma dillo! Tu tremi...», esclama.

«No. Non tremo per febbre... Io tutto vi ho detto e tutto vi ho dato. Di più non potevo darvi. Me stesso vi ho dato».

Ha il suo dolce gesto delle mani che, prima congiunte, ora si disgiungono e si allargano, mentre la testa si china come per dire:
«Scusate se non posso di più. Così è».

«Tutto vi ho detto e tutto vi ho dato. E ripeto. Il nuovo rito è compiuto.
Fate questo in memoria di Me.
Io vi ho lavato i piedi per insegnarvi ad essere umili e puri come il Maestro vostro.
Perché in verità vi dico che, come è il Maestro, così devono essere i discepoli.

Ricordatelo, ricordatelo.

Anche quando sarete in alto, ricordatelo.
Non vi è discepolo da più del Maestro. Come Io vi ho lavato, voi fatelo fra voi. Ossia amatevi come fratelli, aiutandovi l'un l'altro, venerandovi a vicenda, essendo l'un coll'altro d'esempio. E siate puri. Per essere degni di mangiare il Pane vivo disceso dal Cielo ed avere in voi e per Esso la forza d'essere i miei discepoli nel mondo nemico, che vi odierà per il mio Nome.
[.......]


"Tutto Io posso di quanto Io chiedo.

Voi lo avete visto. È bastato un mio desiderio perchè il Padre concedesse al Figlio di darsi in Cibo all'uomo.

Con quanto è accaduto adesso è stato glorificato il Figlio dell'uomo, perché è testimonianza di potere il miracolo che non è che possibile agli amici di Dio. Più è grande il miracolo e più è sicura e profonda questa divina amicizia.

Questo è un miracolo che, per la sua forma, durata e natura, per gli estremi di esso ed i limiti che tocca, più forte non ce ne può essere.

Io ve lo dico: tanto è potente, soprannaturale, inconcepibile all'uomo superbo, che ben pochi lo comprenderanno come va compreso, e molti lo negheranno.

Che dirò allora? Condanna per loro? No. Dirò: pietà!

Ma più grande è il miracolo, più grande è la gloria che all'autore dello stesso viene.
È Dio stesso che dice:

"Ecco, questo mio diletto ciò che ha voluto ha avuto, ed Io l'ho concesso perchè egli ha grande grazia agli occhi miei".

E qui dice:
"Ha una grazia senza limiti così come è infinito il miracolo da Lui compiuto".

Parimenti alla gloria che si riversa sull'autore del miracolo da parte di Dio è la gloria che da esso autore si riversa sul Padre.

Perchè ogni gloria soprannaturale, essendo veniente da Dio, alla sua sorgente ritorna.

E la gloria di Dio, per quanto già infinita, sempre più si aumenta e sfavilla per la gloria dei suoi santi.

Onde Io dico: come è stato glorificato il Figlio dell'uomo da Dio, così Dio è stato glorificato dal Figlio dell'uomo.

Io ho glorificato Dio in Me stesso.
A sua volta, Dio glorificherà il suo Figlio in Lui. Ben presto lo glorificherà
[.......]


Dice Gesù:

«Dall'episodio della Cena, oltre la considerazione della carità di un Dio che si fa Cibo agli uomini, risaltano quattro ammaestramenti principali.

Primo:
la necessità per tutti i figli di Dio di ubbidire alla Legge.

La Legge diceva che si doveva per Pasqua consumare l'agnello secondo il rituale dato dall'Altissimo a Mosè, ed Io, Figlio vero del Dio vero, non mi sono riputato, per la mia qualità divina, esente dalla Legge.
Ero sulla Terra: Uomo fra gli uomini e Maestro degli uomini. Dovevo perciò fare il mio dovere di uomo verso Dio come e meglio degli altri.
I favori divini non esimono dall'ubbidienza e dallo sforzo verso una sempre maggiore santità. Se paragonate la santità più eccelsa alla perfezione divina, la trovate sempre piena di mende, e perciò obbligata a sforzare se stessa per eliminarle e raggiungere un grado di perfezione per quanto più è possibile simile a quello di Dio.

Secondo:
la potenza della preghiera di Maria.

Io ero Dio fatto Carne.
Una Carne che, per essere senza macchia, possedeva la forza spirituale per signoreggiare la carne.
Eppure non ricuso, anzi invoco l'aiuto della Piena di Grazia, la quale anche in quell'ora di espiazione avrebbe trovato, è vero, sul suo capo il Cielo chiuso, ma non tanto che non riuscisse a strapparne un angelo, Lei, Regina degli angeli, per il conforto del suo Figlio.

Oh! non per Lei, povera Mamma! Anche Lei ha assaporato l'amaro dell'abbandono del Padre, ma per questo suo dolore offerto alla Redenzione m'ha ottenuto di potere superare l'angoscia dell'orto degli Ulivi e di portare a termine la Passione in tutta la sua multiforme asprezza, di cui ognuna era volta a lavare una forma e un mezzo di peccato.

Terzo:
il dominio su se stessi e la sopportazione dell'offesa,

carità sublime su tutte, la possono avere unicamente quelli che fanno vita della loro vita la legge di carità che Io avevo bandita. E non bandita solo, ma praticata realmente.

Cosa sia stato per Me aver meco alla mia tavola il mio Traditore, il dovere darmi ad esso, il dovere umiliarmi ad esso, il dovere dividere con esso il calice di rito e posare le labbra là dove egli le aveva posate, e farle posare a mia Madre, voi non potete pensare.

I vostri medici hanno discusso e discutono sulla mia rapida fine e le danno origine in una lesione cardiaca dovuta alle percosse della flagellazione.
Sì, anche per queste il mio cuore divenne malato.
Ma lo era già dalla Cena. Spezzato, spezzato nello sforzo di dover subire al mio fianco il mio Traditore. Ho cominciato a morire allora, fisicamente. Il resto non è stato che aumento della già esistente agonia.
Quanto ho potuto fare l'ho fatto perché ero uno con la Carità. Anche nell'ora in cui Dio-Carità si ritirava da Me, ho saputo esser carità, perchè ero vissuto, nei miei trentatrè anni, di carità. Non si può giungere ad una perfezione, quale si richiede per perdonare e sopportare il nostro offensore, se non si ha l'abito della carità. Io l'avevo, e ho potuto perdonare e sopportare questo capolavoro di Offensore che fu Giuda.

Quarto:
il Sacramento opera quanto più uno è degno di riceverlo.

Se ne è fatto degno con una costante volontà, che spezza la carne e fa signore lo spirito, vincendo le concupiscenze, piegando l'essere alle virtù, tendendolo come arco verso la perfezione delle virtù e soprattutto della carità.
Perchè, quando uno ama, tende a far lieto chi ama.
Giovanni, che mi amava come nessuno e che era puro, ebbe dal Sacramento il massimo della trasformazione.
Cominciò da quel momento ad essere l'aquila, a cui è familiare e facile l'altezza nel Cielo di Dio e l'affissare il Sole eterno.

Ma guai a chi riceve il Sacramento senza esserne affatto degno, ma anzi avendo accresciuto la sua sempre umana indegnità con le colpe mortali. Allora esso diviene non germe di preservazione e di vita ma di corruzione e di morte. Morte dello spirito e putrefazione della carne, per cui essa "crepa", come dice Pietro di quella di Giuda. (Atti 1, 18).
Non sparge il sangue, liquido sempre vitale e bello nella sua porpora, ma le sue interiora, nere di tutte le libidini, marciume che si riversa fuori dalla carne marcita come da carogna di animale immondo, oggetto di ribrezzo per i passanti.
La morte del profanatore del Sacramento è sempre la morte di un disperato, e perciò non conosce il placido trapasso proprio di chi è in grazia, nè l'eroico trapasso della vittima che soffre acutamente ma con lo sguardo fisso al Cielo e l'anima sicura della pace.
La morte del disperato è atroce di contorsioni e di terrori, è una convulsione orrenda dell'anima già ghermita dalla mano di Satana, che la strozza per svellerla dalla carne e che la soffoca col suo nauseabondo fiato.

Questa la differenza fra chi trapassa all'altra vita dopo essersi nutrito in essa di carità, fede, speranza e d'ogni altra virtù e dottrina celeste e del Pane angelico che l'accompagna coi suoi frutti - meglio se con la sua reale presenza - nel viaggio estremo, e chi trapassa dopo una vita di bruto con morte da bruto che la Grazia e il Sacramento non confortano.
La prima è la serena fine del santo, a cui la morte apre il Regno eterno.
La seconda è la spaventosa caduta del dannato, che si sente precipitare nella morte eterna e conosce in un attimo ciò che ha voluto perdere, nè più può riparare. Per uno acquisto, per l'altro spogliamento.
Per uno gioia, per l'altro terrore.

Questo è quanto vi date a seconda del vostro credere ed amare, o non credere e deridere il dono mio.
E questo è l'insegnamento di questa contemplazione
».


Azaria parla:

[.......]Si dice che il fior del frumento e il miele[.......]
siano detti a ricordo della Manna:
il pane piovuto dal cielo, simile a rugiada e a seme di coriandolo e dal sapore di fior di farina con miele, simbolo dell'Eucarestia, dato al popolo ebreo.

Ma io, io angelo, voglio che tu sappia ciò che noi pensiamo guardando il Figlio e la Madre:

il Figlio divenuto Pane,
e la Madre, beata, che voi, cibandovi di Lui, di Lei anche vi cibate.

Perchè, oh!
veramente è così!
Perchè voi di che vi nutrite, se non del Pane che è il Figlio di Maria, da Lei, Purissima e dolcissima, formato Uomo col meglio di Sè stessa: col suo sangue vergine, col suo latte di Madre Vergine, col suo amore di Sposa Vergine?

Sì.
Dio vi nutre col puro fiore del frumento. L'intatta spiga, nata in terreno eletto, nell'Orto chiuso di Dio, maturata nell'ardore del Sole Dio, si è fatta farina, fior di farina per darvi il Pane Gesù.

Si è fatta fior di farina.
Non è un modo di dire!
Per vostro amore, per amor degli uomini, si è immolata, si è ridotta in polvere fra le mole dell'ubbidienza e del dolore, Lei, l'Intatta che non le nozze, non il Parto e non la Morte hanno potuto incidere, violare, o ridurre in polvere come ogni mortale. Solo l'amore. Esso l'ha consegnata alla macina in cui la Corredentrice è divenuta, da spiga, fior di frumento...

Il Figlio ha detto:
"Se il granello non muore non diviene spiga futura".
Quale mortale più di Maria: la non moritura, ha saputo morire a sè stessa, ai suoi affetti, per darvi il Pane di Vita?
Colei che non conobbe la morte ha gustato tutte le morti delle rinunce per darvi il frutto opimo del Salvatore e del Redentore.

E poi, come Madre, ve lo ha cresciuto col meglio di Sé, col suo latte verginale, perciò ancora col suo sangue che dava moto al Cuore che pulsava per Dio solo, col suo sangue divenuto materno amore.
Ve lo ha cresciuto col suo calore, con le sue cure, con tutto il miele tratto dalla rupe intatta, alta contro il Cielo, baciata dal Sole-Dio, e infine ve lo ha dato a mangiare, insaporito non solo dal miele del suo amore, ma anche dal sale del suo pianto.

Oh! Santa!
Santa Madre e Nutrice del Genere Umano!
Granaio eletto!
Giardino colmo di fiori e api d'oro!
Orto chiuso e fonte soave!

Veramente il Pane vero è Gesù, ma è ancor Maria, è ancor Colei che ha della Parola fatto un Uomo per darlo agli uomini, a redenzione e nutrimento.
Sapienza, Vita, Forza è questo Pane.
Ma ancor è Purezza, Grazia, Umiltà.
Perché se questo Pane è Gesù, questo pane è ancor Maria che ha fatto Gesù col fiore del suo corpo e col miele del suo Cuore.
Pane che ricorda la Passione divina, Pane che ricorda il vero Corpo e il vero Sangue di Gesù Cristo, ma Pane che, per aiutarvi ad esser degni di fruire della Redenzione, che è la Consumazione dell'Agnello sull'Altare della Croce, deve pure ricordarvi la Deipara che quel Pane formò nel suo Seno.
[.......]


[.....] che diverrà il vostro corpo nel cui intimo scende il Corpo Ss. e si annulla nelle Specie, assorbite, come ogni cibo dell'uomo, dai succhi che lo mutano in sangue vostro?

Capite?

In sangue vostro.

Il vostro sangue, di voi che vi cibate della Ss. Eucarestia, contiene, non metaforicamente, ciò che fu Specie del Corpo Ss., così come lo spirito vostro trattiene la grazia che da questo Corpo completo, dotato di Carne, Sangue, Anima come quello di ogni uomo, e in più di Divinità essendo il Corpo del Verbo Divino, si emana.

Se il corpo vostro santo dovrebbe essere, perchè tempio allo Spirito Santo che in voi discende e alita, che dovrebbe divenire, per essere degno tabernacolo al Dio che viene ad abitarvi - più: a fondersi a voi, a divenire voi - e, poichè il Maggiore non può essere assorbito dal minore: ad assorbirvi, a farvi divenire Lui, ossia dèi come Egli è Dio?

Io ve lo dico:
dovreste con ogni sforzo imitare la Vergine, alla quale il Verbo si unì tanto da farsi Carne della sua carne e Sangue del suo sangue, e ricevere vita da Lei, ubbidendo ai moti del cuore materno, alle leggi vitali materne, per formarsi ed essere Gesù.

Il Cristo concepito ubbidì alla Madre.

Ma la Madre a che superabbondante purezza portò Sè stessa, Ella, la già Tutta Pura, per mettere intorno al Divino un Santo dei Santi ancor più eletto di quello splendente sul Moria!
Maria fece di Sè un tabernacolo celeste, un celeste trono onde Dio vivesse ancora in un Cielo, il più a lungo possibile, avanti di soffrire dei contatti del mondo.

Gli amanti di Gesù così devono fare.

Fare di sè dei recessi di Cielo perchè l'Eucarestia in loro viva ancora in un palpitante, adorante Cielo, preservata dai fetori e dalle bestemmie del Mondo.

E in questo piccolo Cielo, nel vostro piccolo Cielo nel quale, se tale è, realmente nulla manca, perchè nell'Eucarestia sono presenti i Tre, inscindibili anche se Tre sono, formando la sublime Unità che Trinità si chiama, e non è assente la carità di Maria e dei Santi, adorante sempre là dove è il Signore, nè assenti sono gli angelici cori coi loro inni che ti portano al Cielo, sappiate lodare.

Non con le parole, ma con l'amore.

Sappiate lodare.

Non temete di lodare troppo.

Gesù Eucaristico merita lodi senza misura perchè il suo miracolo di potenza e di amore è superiore ad ogni lode umana.

Istituzione dell' Eucarestia i misteri della Luce Venti Misteri del Rosario, dagli scritti di Maria Valtorta Il Santo Rosario Lode, Onore, Gloria, Adorazione, Venerazione, Riparazione, Benedizione, Ringraziamento, Amore a Te DIO UNO e TRINO