«La mia umiltà non poteva farmi permettere di pensare che tanta gloria mi fosse riserbata in Cielo. Nel mio
pensiero era la quasi certezza che la mia umana carne, fatta santa dall'aver portato Dio, non avrebbe
conosciuto la corruzione, poiché Dio è Vita e, quando di Sè stesso satura ed empie una creatura, questa sua
azione è come aroma preservatore da corruzione di morte.
Io non soltanto ero rimasta immacolata, non solo ero stata unita a Dio con un casto e fecondo abbraccio, ma
m'ero saturata, sin nelle mie più profonde latebre, delle emanazioni della Divinità nascosta nel mio seno e
intenta a velarsi di carni mortali.
Ma che la bontà dell'Eterno avesse riserbato alla sua ancella il gaudio di
risentire sulle sue membra il tocco della mano del Figlio mio, il suo abbraccio, il suo bacio, e di riudire con
le mie orecchie la sua voce, di vedere col mio occhio il suo volto, questo non potevo pensare che mi venisse
concesso, nè lo desideravo. Mi sarebbe bastato che queste beatitudini venissero concesse al mio spirito, e di
ciò sarebbe stato già pieno di felicità beata il mio io.
Ma, a testimonianza del suo primo pensiero creativo a riguardo dell'uomo, da Lui, Creatore, destinato a
vivere, trapassando senza morte dal Paradiso terrestre a quello celeste, nel Regno eterno, Dio volle me,
Immacolata, in Cielo in anima e corpo. Subito che fosse cessata la mia vita terrena.
Io sono la testimonianza certa di ciò che Dio aveva pensato e voluto per l'uomo: una vita innocente e ignara
di colpe, un placido passaggio da questa vita alla Vita eterna, per cui, come uno che passa la soglia di una
casa per entrare in un reggia, l'uomo, col suo essere completo, fatto di corpo materiale e di anima spirituale,
sarebbe passato dalla Terra al Paradiso, aumentando la perfezione del suo io, a lui data da Dio, con la
perfezione completa, e della carne e dello spirito, che era, nel pensiero divino, destinata ad ogni creatura che
fosse rimasta fedele a Dio e alla Grazia. Perfezione che sarebbe stata raggiunta nella luce piena che è nei
Cieli, e li empie, venendo da Dio, Sole eterno che li illumina.
Nel Cielo non vi sono lacrime. Ma in luogo del gioioso pianto, che avrebbero avuto gli spiriti se ad essi fosse concesso il pianto - umore che stilla spremuto da un'emozione - vi fu, dopo queste divine parole, uno sfavillare di luci, un trascolorare di splendori in più vividi splendori, un ardere di incendi caritativi in un più ardente fuoco, un insuperabile ed indescrivibile suonare di celesti armonie, alle quali si unì la voce del Figlio mio, in laude a Dio Padre e alla sua Ancella in eterno beata».