Venendo qualcuno a sapere (se mai lo saprà) che una semplice donna come me - la più indegna per condizione, ignoranza, debolezza e per le sue colpe - ardisca e si accinga a scrivere di cose divine e soprannaturali, non mi farà affatto meraviglia se, ciò considerando alla cieca e senza riflettervi, costui mi taccerà di audace, di leggera e di presuntuosa.
Tanto più in questi ultimi secoli in cui la santa Chiesa nostra madre abbonda di maestri e personaggi dottissimi ed è così ricca della dottrina dei santi Padri e Dottori!
A maggior ragione in un momento tanto inopportuno, in cui le anime che seguono la vita spirituale, benché dirette da persone zelanti, prudenti e sagge, sono turbate e fluttuanti, essendo questo un cammino considerato dal mondo come sospetto e pericoloso, più di ogni altro della vita cristiana!
D'altra parte nell'Opera stessa e nel suo tentativo non si trova racchiusa la giustificazione, poiché ci sono cose così elevate e superiori ai nostri desideri e così sproporzionate alle forze umane che il tentarvi o nasce da mancanza di giudizio o si fa di sicuro in virtù di un'altra causa maggiore e più potente.
Invero noi, come fedeli figli della santa Chiesa, dobbiamo confessare che tutti i mortali, non solo con le loro forze naturali ma anche con quelle della grazia comune e ordinaria, sono incapaci e ignoranti e muti per un'impresa così difficile.
Quale impresa ordunque?
Quella di spiegare o scrivere gli arcani misteri e i magnifici prodigi che il braccio potente dell'Altissimo operò in quella creatura che, per farla sua madre, rese mare impenetrabile delle sue grazie e dei suoi doni depositando in lei i maggiori tesori della sua divinità.
Perché meravigliarsi se la nostra ignoranza e debolezza si riconoscono inadeguate, quando gli stessi spiriti angelici si confessano balbuzienti per parlare di cose tanto superiori alla loro stessa mente e capacità?
Perciò la vita di questa Fenice delle opere
di Dio è libro tanto chiuso che non si troverà tra le creature né in cielo né in terra chi degnamente sia in grado di aprirlo.
Può farlo solamente quello stesso potente Signore che la formò più eccellente di tutte le creature, nonché la medesima Signora, Regina e Madre nostra, che fu capace di ricevere doni così ineffabili e degna di conoscerli: quanto, quando e come manifestarli, sarà compito del suo Figliounigenito; sta a lui scegliere strumenti proporzionati e più idonei per la sua gloria.
Io avrei ben giudicato che tali sarebbero stati i maestri e gli uomini santi della Chiesa cattolica o i dottori delle scuole che ci hanno tutti insegnato il cammino della verità e della luce.
Ma i giudizi dell'Altissimo e i suoi pensieri sovrastano i nostri come il cielo sovrasta la terra e nessuno ha potuto conoscere il suo pensiero né è stato mai suo consigliere.
Egli tiene il peso del santuario nella sua mano e pondera i venti.
Egli calcola l'estensione dei cieli con le palme delle sue mani e con l'equità del suo santissimo consiglio dispone tutte le cose con peso e misura, dando a ciascuna un luogo e un tempo opportuno.
Egli dispensa la luce della Sapienza, per la sua giustissima bontà la distribuisce e nessuno può salire al cielo per acquistarla, né trarla dalle nubi, né conoscere le sue vie, né investigare i suoi sentieri occulti.
Egli solo la custodisce in se stesso e, come effluvio ed emanazione della sua immensa carità, candore della sua eterna luce, specchio senza macchia e immagine della sua bontà eterna, la trasfonde attraverso le anime sante alle nazioni, per formare con essa amici dell'Altissimo e costituire profeti.
Il medesimo Signore sa per quale causa e a qual fine risvegliò, chiamò e sollevò, dispose e incamminò, obbligò e costrinse me, la più vile creatura, a scrivere la vita della sua degna Madre, Regina e Signora nostra.
Non può essere pienamente compreso da prudente intelletto come, senza questo moto e questa forza della potente mano dell'Altissimo, potesse insinuarsi in cuore umano un tale pensiero o una simile determinazione in me, che mi riconosco e confesso donna debole e senza virtù.
Ma come non potei pensarlo con il mio solo giudizio, così non devo nemmeno resistergli caparbiamente per mia sola volontà.
Quindi, affinché su tale questione si possa esprimere un giudizio retto, racconterò sinceramente qualcosa di quello che mi è accaduto.
L'ottavo anno della fondazione di questo convento, all'età di venticinque anni, l'obbedienza m'impose l'ufficio, che oggi indegnamente esercito, di superiora.
Mi ritrovavo turbata e afflitta con grande mestizia e pusillanimità, perché la mia età e il mio desiderio non mi consigliavano di governare e comandare ma soltanto di ubbidire ed essere suddita. Inoltre, sapere che per darmi tale ufficio era stata chiesta la dispensa, e altre giuste ragioni, aumentavano i miei timori, con i quali l'Altissimo per tutta la mia vita ha tenuto crocifisso il mio cuore, con un continuo ribrezzo che non riesco a spiegare, se cioè il mio cammino sia sicuro, se perderò o conserverò la sua amicizia e grazia.
In questa tribolazione gridai al Signore con tutto il mio cuore perché mi aiutasse e, se fosse sua volontà, mi liberasse da questo pericolo e incarico.
è bensì vero che sua Maestà mi aveva già prevenuta qualche tempo prima, ordinandomi di accettare tale incarico e poiché io mi scusavo e ritraevo, sempre mi consolava e mi manifestava che tale era il suo beneplacito.
Con tutto ciò non ponevo fine alle mie istanze, anzi le moltiplicavo, perché capivo e vedevo nel Signore una cosa assai degna di considerazione, cioè che, sebbene sua Maestà mi chiarificasse esser quella la sua volontà, che io non potevo impedire, tuttavia capivo nello stesso tempo che mi lasciava libera di ritrarmi e resistere, facendo così ciò che dovevo come debole creatura, riconoscendo quanto fosse grande in ogni senso la mia insufficienza.
Tanto sono prudenti le opere del Signore con noi!
Ora, conoscendo questo beneplacito, m'impegnai al massimo per sottrarmi ad un pericolo così evidente ma così poco conosciuto dalla natura infetta, dai suoi residui e dalla disordinata concupiscenza.
Il Signore sempre ripeteva che questa era la Sua volontà e mi consolava a volte Lui stesso, a volte attraverso i suoi angeli, che mi ammonivano affinché ubbidissi.
In questa tribolazione feci ricorso alla Regina mia Signora come all’ unico rifugio di tutte le mie sollecitudini e, avendole manifestato il mio procedere e i miei desideri, si degnò di rispondermi con queste soavissime ragioni:
«Figlia mia, consolati e il travaglio non turbi il tuo cuore; preparati ad esso perché io sarò tua madre e la superiora alla quale obbedirai e lo sarò anche delle tue suddite supplendo alle tue mancanze.
Così tu sarai la mia vicaria attraverso la quale opererò la volontà del mio Figlio e mio Dio. In tutte le tue tentazioni e angosce fa' in modo di ricorrere a me per parlarmene e chiedermi consiglio, che in tutto ti darò. Obbediscimi e io ti favorirò e starò attenta alle tue afflizioni».
Queste sono le parole che mi disse la Regina, tanto consolatorie quanto vantaggiose per l'anima mia, per cui mi rincuorai e nella mia tristezza ripresi forza.
Da quel giorno, la Madre delle misericordie aumentò i discorsi che già faceva con me sua schiava, perché da allora in poi comunicò con l'anima mia in modo più intimo e continuo, accogliendomi, ascoltandomi e ammaestrandomi con ineffabile degnazione.
Mi dava conforto e consiglio nelle mie afflizioni, mi riempiva l'anima di luce e d'insegnamenti di vita eterna e mi comandò di rinnovare i voti della mia professione nelle sue mani.
Infine, dopo quel fatto, questa amabilissima Madre e Signora nostra si confidò ancor più con la sua ancella, svelandole gli occulti e altissimi prodigi e i magnifici misteri che sono racchiusi nella sua vita santissima e nascosti ai mortali.
E quantunque questo beneficio o luce soprannaturale, anche prima, fosse stato continuo (specialmente nelle sue festività e in altre occasioni in cui conobbi molti misteri), tuttavia non era con la pienezza, la frequenza e la chiarezza con cui me l'insegnò in seguito, aggiungendo molte volte il comando di scriverli come mi sarebbero stati suggeriti, poiché sua Maestà stessa me li avrebbe dettati ed insegnati.
Specialmente in una di queste festività della santissima Vergine, l'Altissimo mi disse che teneva nascosti molti misteri e benefici che aveva operato con questa divina Signora quando era viatrice e che era sua volontà manifestarli, affinché io li scrivessi come mi sarebbero stati mostrati:
volontà che ho conosciuto continuamente in sua Maestà nei dieci anni in cui ho resistito finché non posi mano per la prima volta alla stesura di questa divina Storia.
Parlando di tale questione con i principi e gli angeli santi che l'Onnipotente mi aveva assegnati perché mi indirizzassero in quest'Opera sulla vita della nostra Reginae manifestando loro il turbamento e l'afflizione del mio cuore, quasi balbuziente e muta per un'impresa così ardua, mi risposero più volte che era questa la volontà dell'Altissimo.Altissimo
In particolare, un giorno in cui mi opposi molto presentando la mia difficoltà, la mia impossibilità e i grandi timori, mi dissero:
«Con ragione, o anitria, ti avvilisci e ti turbi, dubiti e ti opponi in una cosa nella quale noi angeli ci comportiamo allo stesso modo ritenendoci inadeguati a rivelare le cose alte e magnifiche che il braccio dell'Onnipotente operò nella Madre della pietà e Regina nostra.
Peraltro, o carissima, considera attentamente che il cielo e la terra passeranno e tutto ciò che esiste scomparirà prima che venga meno la parola dell'Altissimo.
Ora, molte volte l'ha impegnata con le sue creature; e per la sua Chiesa si trova nelle sacre Scritture che l'obbediente canterà vittoria sui suoi nemici, e non verrà ripreso per aver ubbidito.
Anzi, quando creò il primo uomo e gli comandò di non mangiare dell'albero della conoscenza del bene e del male, fin da allora stabilì questa virtù dell'obbedienza, confermandola con solenne giuramento per rassicurare ancor più l'uomo, cosa che il Signoreè solito fare, come già con Abramo quando gli promise con certezza di giuramento che il Messia sarebbe disceso dalla sua stirpe.
E così fece quando creò il primo uomo assicurandogli che l'ubbidiente non avrebbe sbagliato.
Egli ripeté tale giuramento quando ordinò che il suo Figlio morisse e garantì agli uomini che chiunque avesse obbedito a questo secondo Adamo, imitandolo nell'obbedienza con cui restaurò ciò che il primo aveva perso per la sua disobbedienza, sarebbe vissuto in eterno e il nemico non avrebbe avuto parte nelle sue opere.
Considera attentamente, o Maria, che l'obbedienza ha origine da Dio come causa prima e principale e anche noi angeli obbediamo al potere della sua destra divina e alla sua rettissima volontà;
infatti non possiamo opporci ad essa, né la ignoriamo, vedendo l'essere immutabile dell'Altissimo faccia a faccia e conoscendo che essa è santa, pura e vera, rettissima e giusta.
Ora, questa certezza che noi angeli abbiamo per mezzo della visione beatifica, l'avete rispettivamente anche voi mortali in ragione dello stato di viatori in cui siete, in forza di quella parola che lo stesso Signore disse dei prelati e dei superiori:
«Chi ascolta voi ascolta me, chi obbedisce a voi obbedisce a me».
E, dato che si obbedisce per Dio- che è la causa principale e superiore - spetta alla sua provvidenza onnipotente far sì che gli obbedienti non falliscano qualora ciò che viene loro comandato non sia materia di colpa.
Per questo il Signore assicura con giuramento che cesserà di esistere - il che è impossibile a Dio - piuttosto che venire meno alla sua parola.
Infatti, come i figli discendono dai genitori e tutti i viventi da Adamo, moltiplicati nella posterità della sua natura, così i superiori procedono da Dio come da supremo Signore, per il quale ad essi tutti obbediscono:
gli uomini a quelli terreni e gli angeli a quelli di gerarchia superiore;
e gli uni e gli altri a Dio.
Tuttavia ricordati, o anima, che ti hanno ordinato tutti ciò che tu temi di fare; e se, volendo tu obbedire, ciò non fosse conveniente, l'Altissimo farebbe, con la tua penna, quello che già fece con l'obbediente Abramo quando, stando già per sacrificare suo figlio, comandò a uno di noi suoi spiriti di trattenerne il braccio e il coltello.
Ora invece non ci comanda affatto di trattenere la tua penna, ma al contrario di portarla con volo leggero, ascoltando sua divina Maestà, dirigendoti, illuminando il tuo intelletto e prestandoti aiuto».
In quell'occasione i miei santi angeli e signori mi diedero queste motivazioni e indicazioni e molte altre volte il principe San Michele mi manifestò il medesimo volere e comando dell' Altissimo.
Di conseguenza, per le luci, i favori e gli insegnamenti continui di questo grande principe, ho conosciuto molti misteri imperscrutabili e magnifici del Signore e della Regina del cielo.
Questo Santo Arcangelo, infatti, fu uno di quelli che in vita la scortavano ed assistevano con gli altri che da ogni ordine e gerarchia erano stati designati alla sua custodia, come a suo tempo dirò.
Inoltre, essendo nello stesso tempo patrono e protettore universale della santa Chiesa, fu anche testimone speciale e ministro fedelissimo dei misteri dell’ incarnazione e della redenzione.
Così appunto molte volte ho appreso da questo Santo Arcangelo, dalla cui protezione nei miei travagli e combattimenti ho ricevuto singolari benefici, avendomi anche promesso di assistermi e ammaestrarmi in quest'Opera.
Oltre a tali insegnamenti e ad altri che non occorre riferire, ma che dirò in seguito, il Signore in persona mi ha molte volte comandato e rivelato il suo volere senza altri intermediari con le parole che adesso dirò.
Un giorno, dunque, festa della Presentazione di Maria Santissima al tempio, sua Maestà mi disse:
«Sposa mia, nella mia Chiesa militante tanti misteri che riguardano mia Madre e i santi sono conosciuti, ma molti sono ancora nascosti, soprattutto quelli interiori e segreti, che ora voglio manifestare.
Voglio che tu li scriva così come ne sarai ammaestrata, specialmente quelli di Maria purissima. Io te li svelerò e mostrerò, dopo averli tenuti nascosti finora per gli imperscrutabili giudizi della mia sapienza, poiché secondo la mia provvidenza non era ancora il tempo opportuno. Adesso però lo è ed è anche mia volontà che tu li scriva. Obbedisci, o anima».
Tutte queste cose che ho narrato, ed altre ancora che potrei riferire, non sarebbero state sufficienti a farmi decidere per una cosa così ardua ed estranea alla mia condizione se non vi si fosse aggiunta l'obbedienza ai miei superiori, che hanno guidato la mia anima e m'insegnano il cammino della verità.
Infatti i miei dubbi e timori non sono tali da lasciarmi tranquilla in una materia così difficile, mentre in altre più facili non faccio poco a calmarmi con l'obbedienza. In quanto donna ignorante mi sono sempre rivolta ad essa come a punto di riferimento per la mia anima, sapendo che è doveroso non scrivere cosa alcuna, per quanto sembri alta e fuor di sospetto, se non con l'approvazione dei maestri e dei ministri della santa Chiesa.
Così ho sempre procurato di fare in ogni cosa riguardante la direzione della mia anima e tanto più in questa impresa di scrivere la Vita della Regina del cielo.
Mi sono adoperata moltissimo affinché i miei superiori non si occupassero delle mie relazioni, dissimulando quanto potevo alcune cose, chiedendo con lacrime al Signore che desse loro luce per non sbagliare e desiderando molte volte che sfuggisse loro di mente questo affare, e che mi preservassero dall'errore e dall'inganno.
Confesso altresì che il demonio, approfittando della mia naturale timidezza, fece grandi sforzi per impedirmi quest'Opera.
Cercava maniere per atterrirmi ed affliggermi e, se lo zelo e la perseveranza invincibile dei miei superiori non avessero animato la mia pusillanimità, senza dubbio mi avrebbe indotto a desistere.
Intanto ciò dava tempo al Signore, alla Vergine purissima e agli angeli santi di rinnovarmi la luce, i segni e le meraviglie.
Tuttavia temporeggiai o, per meglio dire, opposi resistenza ancora molti anni all'obbedienza di tutti - come in seguito dirò - senza mai osare metter seriamente mano a una cosa tanto superiore alle mie forze. E non credo che ciò sia avvenuto senza particolare provvidenza di sua Maestà, perché nel corso di questo tempo sono passata per tanti eventi e, potrei dire, per misteri e travagli tanto straordinari e svariati, che non avrei potuto con essi godere di quella quiete e serenità di spirito che è indispensabile per poter ricevere questa luce e questa rivelazione.
Infatti non in qualunque stato, per quanto elevato e benefico, l'apice dell'anima può essere capace di ricevere un influsso così sublime e delicato!
A questa si aggiungeva un'altra ragione: che nella lunga dilazione potessi meglio informarmi e rassicurarmi mediante la nuova luce che si va guadagnando col tempo e mediante la prudenza che si acquista nella molteplice esperienza e che, insistendo il Signore, i Santi Angeli e i miei superiori nelle loro richieste, dinanzi a così reiterate esortazioni all'obbedienza, io mi acquietassi, sicura di non sbagliare, vincessi la mia timidezza, la mia viltà e perplessità e sperassi dal Signore quello che disperavo dalla mia debolezza.
Confidando dunque in questa grande virtù dell'obbedienza, mi decisi in Nome dell'Altissimo e della Regina mia Signora a non resistere più oltre.
Chiamo grande questa virtù, non solo perché essa offre in olocausto e sacrificio a Dio la parte più nobile della creatura - intelletto, ragione e volontà - ma anche perché nessun'altra virtù assicura il buon successo quanto l'obbedienza, poiché la creatura non opera di sua iniziativa, ma come strumento di chi la governa e comanda. Essa diede ad Abramo la forza di superare la
violenza dell'amore e la legge naturale nei confronti di Isacco.
Se essa fu potente per questo e perché il sole e i cieli trattenessero il loro velocissimo corso, ben può esserlo perché si muova la terra.
Infatti se Uzzà si fosse lasciato guidare dall'obbedienza, forse nel toccare l'arca non sarebbe stato castigato come audace e temerario.
Vedo bene che io, assai più indegna, stendo la mano per toccare non l'arca morta, figura dell'antica legge, ma l'Arca viva del Nuovo Testamento, in cui fu racchiusa la manna della Divinità e la sorgente della grazia e della sua santa legge.
Ma se io taccio, ormai temo, e con ragione, di disobbedire a tanti precetti, e potrò dire con Isaia: Ohimé! Io sono perduto perché tacqui!
Per questo, mia Regina e Signora, sarà meglio che nella mia viltà risplenda la vostra benignissima pietà e misericordia e il favore della vostra mano liberale;
sarà meglio che voi me ne facciate dono per obbedire ai vostri comandi piuttosto che suscitare la vostra indignazione.
Per tutto ciò, o Madre purissima, sarà opera degna della vostra clemenza sollevare me misera da terra e servirvi di un soggetto debole e inadeguato come strumento per opere così difficili.
Con ciò magnificherete la vostra grazia nonché i favori che il vostro Figlio Santissimo comunicò.
Non lascerete spazio alla fallace presunzione per supporre che quest'Opera sia fatta con perizia umana o prudenza terrena, o forza ed autorità di disputa, ma che piuttosto voi risvegliate di nuovo i cuori dei fedeli e li attiriate a voi, fonte di pietà e di misericordia, con la virtù della divina grazia.
Parlate, dunque, o signora, la vostra serva ascolta, e con l'ardente volontà di obbedirvi, come devo.
Ma i miei desideri come potranno mai raggiungere e pareggiare il mio debito? Già mi sarà impossibile una degna retribuzione, ma se fosse possibile, oh quanto la bramerei!
Suvvia parlate, o Regina Potente e Grande, adempite le vostre promesse e parole, manifestandomi le grazie e le prerogative vostre, affinché la vostra grandezza sia ancor più conosciuta ed esaltata da tutte le nazioni e le generazioni.
Parlate, o Signora, la vostra serva ascolta;
parlate e glorificate l'Altissimo per le opere potenti e meravigliose che la sua Destra ha operato nella vostra profondissima umiltà.
Scorrano dalle sue mani, che sono anelli d'oro, piene di giacinti, nelle vostre, e da queste ai vostri devoti e ai vostri servi, affinché gli angeli lo benedicano, i giusti lo magnifichino, i peccatori lo cerchino e tutti abbiano un esempio di somma santità e purezza.
Ma soprattutto affinché con la grazia del vostro santissimo Figlio, io stessa abbia questo specchio e questa regola efficace a cui possa conformare la mia vita, poiché questo deve essere il primo scopo della mia sollecitudine nello scrivere la vostra. Quante volte me l'ha detto l'Altezza vostra, compiacendosi così di offrirmi un esempio e uno specchio vivente e senza macchia, in cui io, specchiandomi, possa adornare la mia anima in modo da essere vera figlia vostra e sposa del vostro santissimo Figlio!
Questa è tutta la mia pretesa e volontà.
Perciò io scriverò non già come maestra ma come discepola, non per insegnare ma per apprendere, poiché so bene, come prescritto, che le donne nella Chiesa devono tacere e ascoltare i maestri.
Tuttavia, come strumento della Regina del cielo, manifesterò ciò che sua Maestà si compiacerà d'insegnarmi e di comandarmi, perché tutte le anime sono capaci di ricevere lo Spirito che il suo santissimo Figlio ha promesso d'inviare su ogni genere di persone senza eccezione;
e altresì tutti sono capaci di manifestarlo nel modo conveniente a seconda di come lo ricevono, quando la potestà superiore lo ordina con cristiana provvidenza, come giudico che abbiano fatto i miei superiori.
L'errore in me è possibile, in quanto donna ignorante, ma non nell'obbedire, né sarà volontario;
così mi rimetto e mi assoggetto a chi mi guida e alla correzione della santa Chiesa cattolica, ai cui ministri ricorrerò sempre in qualunque difficoltà.
Intendo che il mio superiore, maestro e confessore sia testimone e censore di questi insegnamenti che pur ricevo e che sia altresì giudice vigilante e severo di come li metto in pratica, o se vengo meno all'adempimento di essi e degli altri miei obblighi, misurati in ragione di questo beneficio.
Per volontà del Signore e ordine dell'obbedienza ho scritto questa divina Storia per la seconda volta.
Nella prima infatti, poiché la luce con cui conoscevo i suoi misteri era oltremodo abbondante e feconda, e grande era la mia limitatezza, la lingua non bastò, né i termini e la velocità della penna furono sufficienti a dire tutto.
Trascurai alcune cose ma col tempo e con la nuova comprensione, adesso mi ritrovo meglio disposta per scriverle, anche se lascerò sempre molto da dire di quello che intendo e che ho conosciuto perché non sarà mai possibile scrivere tutto.
Oltre a ciò, ho conosciuto nel Signore anche un'altra ragione e cioè che, quando scrissi la prima volta, spesso il materiale e l'ordine di quest'Opera mi assorbivano;
inoltre le tentazioni e i timori furono così grandi e tanto eccessive le tempeste dei pensieri e delle suggestioni che mi combattevano facendomi credere temeraria nel metter mano a un'opera così sublime, che alla fine mi ridussi a bruciarla.
Non credo che ciò sia avvenuto senza speciale permesso del Signore, perché in uno stato così turbolento secondo me non era possibile dare all'anima quello che era conveniente e quello che l'Altissimo voleva darle scrivendo nel mio cuore e imprimendo nel mio spirito il suo insegnamento celestiale, come mi si domanda di fare adesso e come si può ricavare dall'avvenimento seguente.
Nel giorno dedicato alla purificazione di nostra Signora, dopo aver ricevuto il Santissimo Sacramento, (poiché ricorreva l'anniversario della mia professione) volli celebrare questa santa festività con umiltà di cuore e rendimento di grazie all'Altissimo, che mi aveva accettato come sua sposa senza che lo meritassi.
Nell'esercitare questi affetti, sentii dentro di me un mutamento efficace con abbondantissima luce che mi trasportava e mi costringeva fortemente e soavemente alla conoscenza dell'essere di Dio, della sua bontà, delle sue perfezioni e dei suoi attributi, e al disinganno della mia stessa miseria.
Questi oggetti, che apparivano al mio intelletto tutti nello stesso tempo, mi causavano vari effetti.
Il primo era quello di rapire tutta la mia attenzione e la mia volontà;
il secondo di annichilirmi facendomi abbassare fino a terra di modo che il mio essere si disfaceva e sentivo un dolore veementissimo di contrizione per i miei gravi peccati, col fermo proposito di emendarmi e di rinunciare a quanto è del mondo, sollevandomi sopra ogni cosa terrena all'amore del Signore.
In questi affetti restavo quasi esanime, il dolore maggiore era consolazione e il morire vivere.
Il Signore, avendo compassione del mio deliquio, per sua sola misericordia mi disse:
«Non perderti d'animo, o figlia e sposa mia, perché, per perdonarti, lavarti e purificarti dalle tue colpe, ti applicherò i miei infiniti meriti e il sangue che per te ho sparso. Fatti forza per giungere alla perfezione che desideri mediante l'imitazione della vita della mia Madre santissima. Scrivila un'altra volta, per aggiungervi quello che manca e per scolpire nel tuo cuore il suo insegnamento. Non irritare più la mia giustizia e non respingere la mia misericordia bruciando ciò che scrivi, cosicché la mia indignazione non debba toglierti la luce che, senza tuo merito, ti è stata data per conoscere e manifestare questi misteri».
Subito vidi la Madre di Dio e della Pietà che mi disse:
«Figlia mia, ancora non hai raccolto il frutto conveniente per l'anima tua dall'albero della vita della mia storia, che hai scritto. Ancora non sei arrivata al midollo della sua sostanza, né hai raccolto a sufficienza di questa manna nascosta, né hai raggiunto l'ultimo stadio di perfezione come è necessario perché l'Onnipotente scolpisca ed imprima nell'anima tua tutte le mie virtù e le mie perfezioni. Io devo darti la qualità e l'ornamento conveniente per tutto quello che la divina destra vuole operare in te. Ho domandato che, per mia mano e intercessione, mi dia il permesso di adornarti con la grazia abbondantissima che egli mi ha comunicato e di disporre la tua anima perché tu ti rimetta a scrivere la mia vita tenendo conto non tanto della forma esteriore quanto piuttosto del contenuto, comportandoti in ciò passivamente, senza porre ostacolo a ricevere la corrente della divina grazia, che l'Onnipotente mi indirizzò, affinché passi in te quella parte che il volere divino deciderà. Tu però fa' in modo di non troncarne il corso, né di limitarla per la tua pusillanimità e imperfezione».
Subito conobbi che la Madre della Pietà mi rivestiva di una veste più bianca della neve e più rifulgente del sole; poi mi cinse con una ricchissima cintura e disse:
«Questa è partecipata dalla mia purezza».
Domandò al Signore scienza infusa per adornarmi di essa quasi come di bellissima chioma, nonché altri donativi e preziosi regali, dei quali non giungevo a conoscere il valore sebbene vedessi che erano grandi.
Dopo avermi così adornata, la divina Signora mi disse:
«Lavora fedelmente e diligentemente per imitarmi e per divenire mia figlia perfettissima, generata dal mio spirito e nutrita al mio petto. Ecco che io ti do la mia benedizione, affinché tu scriva per la seconda volta in mio nome, con la mia direzione e la mia assistenza».
Per maggior chiarezza, tutta questa Vita santissima si raccoglie in tre parti.
La prima parte sarà su ciò che riguarda i primi quindici anni della Regina del cielo, dalla sua immacolata concezione fino a che nel suo grembo verginale prese carne mortale il Verbo eterno, e ciò che in questi anni l' Altissimo operò in lei.
La seconda parte comprenderà il mistero dell'incarnazione, tutta la vita di nostro Signore Gesù Cristo, la sua passione e morte e l'ascensione al cielo, che fu il tempo in cui la divina Regina visse col suo Figlio Santissimo, e quanto Ella fece in questo lasso di tempo.
La terza parte riguarderà il resto della vita di questa Madre della Grazia, da quando rimase sola nel mondo senza Cristo nostro redentore fino all'ora del suo felicissimo transito, della sua assunzione in cielo e coronazione come Imperatrice del cielo per vivere eternamente come Figlia del Padre Madre del Figlio e Sposa dello Spirito Santo.
Distribuisco queste tre parti in otto libri, affinché riescano più maneggevoli e siano incessantemente oggetto della mia mente, stimolo della mia volontà e mia meditazione giorno e notte.
Per determinare il tempo in cui ho scritto questa divina Storia, si deve sapere che questo convento di religiose scalze dell'Immacolata Concezione venne fondato da mio padre, fra' Francesco Coronel, e da mia madre, suor Caterina d'Arana, nella loro medesima casa, per disposizione e volontà divina manifestata a mia madre suor Caterina con una particolare luce e rivelazione. Fu fondato l'ottavo giorno dall'Epifania, il 13 gennaio 1619. Nello stesso giorno prendemmo l'abito mia madre e due figlie; mio padre, con due figli che già erano religiosi, entrò nell'Ordine del nostro serafico padre san Francesco, dove prese l'abito, professò, visse con edificazione di tutti e morì santamente.
Mia madre ed io ricevemmo il velo nel giorno della Purificazione, il 2 febbraio 1620. La professione della seconda figlia, invece, si dovette rimandare per il fatto che non aveva l'età richiesta.
Così l'Onnipotente favorì la nostra famiglia, che tutta si consacrò allo stato religioso. Dopo l'ottavo anno dalla fondazione, venticinquesimo della mia età, anno del Signore 1627, l'obbedienza mi diede l'ufficio di abbadessa che oggi indegnamente esercito. Passarono dieci anni di badessato, nei quali molte volte ricevetti dall'Altissimo e dalla Regina del cielo l'ordine di scrivere la sua vita santissima e per tutto quel tempo, con timori e renitenza, mi mostrai restia a quegli ordini divini fino all'anno 1637, quando cominciai a scriverla per la prima volta.
Dopo averla ultimata, bruciai tutti i miei scritti, cioè sia quelli di questa Storia sia molti altri riguardanti grandi misteri, a causa dei timori e delle tribolazioni riferiti in precedenza e anche per consiglio di un confessore che mi assisteva (in assenza di quello principale che di solito mi dirigeva). Mi disse infatti che nella santa Chiesa le donne non devono scrivere. Io obbedii prontamente, ma in seguito fui aspramente rimproverata dai miei superiori e dal confessore ordinario, che conosceva tutta la mia vita.
Quindi mi intimarono severamente di riscriverla e anche l'Altissimo e la Regina del cielo mi ordinarono nuovamente di obbedire.
Ma questa seconda volta la luce che ricevetti da Dio fu così copiosa e così abbondanti furono i benefici che l'Altissimo mi comunicò per rinnovare e vivificare la mia povera anima con i precetti della sua divina Maestra, tanto perfetti gli insegnamenti e sublimi i misteri, che è necessario farne un libro a parte, appartenente alla stessa Storia, col titolo:
«Leggi della sposa, apici del suo casto amore e frutto raccolto dall'albero della vita di Maria Santissima Signora nostra».
Col favore divino comincio a scriverla l'8 dicembre 1655, giorno dell'Immacolata Concezione.