Sono col mio Gesù su un alto monte. Con Gesù sono Pietro, Giacomo e Giovanni. Salgono ancor più in alto
e l’occhio spazia per aperti orizzonti che un bel giorno sereno rende netti nei particolari fin nelle lontananze.
[.......]
Gesù, dopo una breve sosta al fresco di un ciuffo di alberi, certo concessa per pietà di Pietro che nelle salite
fatica palesemente, riprende a salire.
Va fin quasi sulla vetta, là dove è un pianoro erboso che ha un
semicerchio di alberi verso la costa.
«Riposate, amici. Io vado là a pregare».
E accenna con la mano ad un ampio sasso, una roccia che affiora
dal monte e che si trova perciò non verso la costa ma verso l’ interno, la vetta.
Gesù si inginocchia sulla terra erbosa e appoggia le mani e il capo al masso, nella posa che prenderà anche
nella preghiera al Getsemani.
Il sole non lo colpisce perchè la vetta lo ripara. Ma il resto dello spiazzo erboso
è tutto lieto di sole, sino al limite d’ombra dello scrimolo alberato sotto il quale si sono seduti gli apostoli.
Pietro si leva i sandali e se ne scuote via polvere e sassolini e sta così, scalzo, coi piedi stanchi fra l’erba
fresca, quasi steso, col capo su un ciuffo smeraldino che sporge più degli altri sulla sua zolla come un
guanciale.
Giacomo lo imita, ma per stare comodo cerca un tronco d’albero al quale appoggia il suo mantello
e su questo le spalle.
Giovanni resta seduto e osserva il Maestro. Ma la calma del luogo, il venticello fresco,
il silenzio e la stanchezza vincono anche lui, e la testa gli si abbassa sul petto e così le palpebre sugli occhi.
Non dormono profondamente nessuno dei tre, ma sono in quella sonnolenza estiva che intontisce.
Li scuote una luminosità così viva che annulla quella del sole e dilaga e penetra fin sotto il verde dei cespugli
e alberi sotto cui si sono messi.
Aprono gli occhi stupiti e vedono Gesù Trasfigurato.
Egli è ora tale e
quale come lo vedo nelle visioni del Paradiso.
Naturalmente senza le Piaghe e senza il vessillo della Croce.
Ma la Maestà del volto e del corpo è uguale, uguale ne è la luminosità, e uguale la veste che da un rosso cupo
si è mutata nel diamantifero e perlifero tessuto immateriale che lo veste in Cielo.
Il suo viso è un sole dalla
luce siderale ma intensissima, nel quale raggiano gli occhi di zaffiro.
Sembra più alto ancora, come la sua
glorificazione ne avesse aumentato la statura. Non saprei dire se la luminosità, che rende perfino
fosforescente il pianoro, provenga tutta da Lui o se alla sua propria si mesca quella che ha concentrata sul
suo Signore tutta la luce che è nell’universo e nei cieli.
So che è qualche cosa di indescrivibile.
Gesù è ora in piedi, direi anzi che è alzato da terra, perchè fra lui e il verde del prato vi è come un vaporare di
luce, uno spazio dato unicamente da una luce sul quale pare Egli si erga.
Ma è tanto viva che potrei anche
ingannarmi, e il non vedere più il verde dell’ erba sotto le piante di Gesù potrebbe esser provocato da questa
luce immensa che vibra e fa onde come si vede talora nei grandi fuochi.
Onde, qui, di un colore
bianco, incandescente.
Gesù sta col Volto alzato verso il cielo e sorride ad una sua visione che lo sublima.
Gli apostoli ne hanno quasi paura e lo chiamano, perchè non pare più a loro che sia il loro Maestro tanto è
trasfigurato.
« Maestro, Maestro », chiamano piano ma con ansia. Egli non sente.
«È in estasi », dice Pietro tremante. «Che vedrà mai?».
I tre si sono alzati in piedi. Vorrebbero accostarsi a Gesù, ma non osano.
La luce aumenta ancora per due fiamme che scendono dal cielo e si collocano ai lati di Gesù.
Quando sono
stabilite sul pianoro, il loro velo si apre e ne appaiono due maestosi e luminosi personaggi.
L’uno più
anziano, dallo sguardo acuto e severo e da una lunga barba bipartita.
Dalla sua fronte partono corni di luce
che me lo indicano per Mosè.
L’altro è più giovane, scarno, barbuto e peloso, su per giù come il Battista, al
quale direi assomiglia per statura, magrezza, conformazione e severità.
Mentre la luce di Mosè è candida
come è quella di Gesù, specie nei raggi della fronte, quella che emana Elia è solare, di fiamma viva.
I due Profeti prendono una posa di riverenza davanti al loro Dio Incarnato e, sebbene Questi parli loro con
famigliarità, essi non abbandonano la loro posa riverente.
Non comprendo neppure una delle parole dette.
I tre apostoli cadono a ginocchio tremanti, col volto fra le mani.
Vorrebbero vedere ma hanno paura.
Finalmente Pietro parla:
«Maestro, Maestro. Odimi».
Gesù gira lo sguardo con un sorriso verso il suo Pietro,
che si rinfranca e dice:
«È bello stare qui con Te, Mosè e Elia. Se vuoi facciamo tre tende per Te, per Mosè
e per Elia, e noi stiamo qui a servirti… ».
Gesù lo guarda ancora e sorride più vivamente.
Guarda anche Giovanni e Giacomo. Uno sguardo che li
abbraccia con amore. Anche Mosè e Elia guardano i tre fissamente. I loro occhi balenano. Devono essere
come raggi che penetrano i cuori.
Gli apostoli non osano dire altro.
Intimoriti, tacciono. Sembrano un poco ebbri come chi è sbalordito. Ma
quando un velo che non è nebbia, che non è nuvola, che non è raggio, avvolge e separa i Tre gloriosi dietro
uno schermo ancor più lucido di quello che già li circondava e li nasconde alla vista dei tre, e una Voce
potente e armonica vibra ed empie di sè lo spazio, i tre cadono col volto contro l’erba.
Pietro nel gettarsi bocconi esclama:
«Misericordia di me, peccatore! è la Gloria di Dio che scende! ».
Giacomo non fiata. Giovanni mormora con un sospiro, come fosse prossimo a svenire:
«Il Signore parla!».
Nessuno osa alzare la testa anche quando il silenzio si è rifatto assoluto. Non vedono perciò neppure il
tornare della luce alla sua naturalezza di luce solare e mostrare Gesù rimasto solo e tornato il Gesù solito
nella sua veste rossa.
Egli cammina verso loro sorridendo e li scuote e tocca e chiama per nome.
«Alzatevi. Sono Io. Non temete»,
dice, perchè i tre non osano alzare il volto e invocano misericordia sui loro
peccati, temendo che sia l’Angelo di Dio che vuol mostrarli all’Altissimo.
«Levatevi, dunque. Ve lo comando», ripete Gesù con imperio.
Essi alzano il volto e vedono Gesù che
sorride.
«Oh! Maestro, Dio mio!», esclama Pietro. «Come faremo a viverti accanto ora che abbiamo visto la tua gloria?
Come faremo a vivere fra gli uomini, e noi, uomini peccatori, ora che abbiamo udito la voce di Dio?».
«Dovrete vivermi accanto e vedere la mia gloria sino alla fine. Siatene degni perché il tempo è vicino.
Ubbidite al Padre mio e vostro.
Torniamo ora fra gli uomini, perchè sono venuto per stare fra essi e per
portare a essi Dio.
Andiamo.
Siate santi per ricordo di quest’ora, forti, fedeli.
Avrete parte alla mia più
completa gloria.
Ma non parlate ora di questo che avete visto ad alcuno.
Neppure ai compagni. Quando il Figlio dell’uomo sarà risuscitato dai morti e tornato nella gloria
del Padre, allora parlerete. Perchè allora occorrerà credere per aver parte nel mio Regno».
«Ma non deve venire Elia per preparare al tuo Regno? I rabbi dicono così».
«Elia è già venuto ed ha preparato le vie al Signore. Tutto avviene come è stato rivelato.
Ma coloro che
insegnano la rivelazione non la conoscono e non la comprendono, e non vedono e riconoscono i segni dei
tempi e i messi di Dio.
Elia è tornato una volta.
La seconda verrà quando il tempo ultimo sarà vicino per
preparare gli ultimi a Dio.
Ma ora è venuto per preparare i primi al Cristo, e gli uomini non lo hanno voluto
riconoscere e lo hanno tormentato e messo a morte. Lo stesso faranno col Figlio dell’uomo, perchè gli
uomini non vogliono riconoscere ciò che è loro bene».
I tre chinano la testa pensosi e tristi, e scendono per la via dalla quale sono saliti insieme a Gesù .
… Ed è ancora Pietro che dice, in una sosta a mezza via:
«Ah! Signore! Dico anche io come tua Madre ieri:
“Perchè ci hai fatto questo?”;
e anche dico: “Perchè ci hai detto questo?”.
Le tue ultime parole hanno
cancellato la gioia della gloriosa vista dai nostri cuori!
Gran giorno di paure questo!
Prima ci ha fatto paura
la grande luce che ci ha destati, più forte che se il monte ardesse o che se la luna fosse scesa a raggiare sul
ripiano, sotto i nostri occhi;
poi il tuo aspetto e il tuo staccarti dal suolo come fossi per volare via. Ho avuto
paura che Tu, disgustato dalle nequizie di Israele, te ne tornassi ai Cieli, magari per ordine dell’Altissimo.
Poi ho avuto paura di vedere apparire Mosè, che i suoi del suo tempo non potevano più vedere senza velo
tanto splendeva sul suo volto il riflesso di Dio, e ancora era uomo, mentre ora è spirito beato e acceso di Dio,
e Elia… Misericordia divina!
Ho creduto essere giunto al mio ultimo momento, e tutti i peccati della mia
vita, da quando rubavo le frutta nella dispensa da piccino, all’ultimo di averti mal consigliato giorni or sono,
mi sono venuti alla mente.
Con che tremore me ne sono pentito! Poi mi parve che mi amassero quei due
giusti… e ho osato parlare. Ma anche il loro amore mi faceva paura, perchè io non merito l’amore di simili
spiriti.
E dopo… e dopo!… La paura delle paure! La voce di Dio!… Geovè che ha parlato! A noi! Ci ha
detto:
“Ascoltatelo!”.
Tu. E ti ha proclamato
“suo Figlio diletto nel quale Egli si compiace”.
Che paura!
Geovè!
… a noi!… Certo solo la tua forza ci ha tenuti in vita!… Quando Tu ci hai toccato, e le tue dita
ardevano come punte di fuoco, io ho avuto l’ultimo spavento. Ho creduto che fosse l’ora di essere giudicato
e che l’Angelo mi toccasse per prendermi l’anima e portarla all’Altissimo… Ma come ha fatto tua madre a
vedere… a sentire… a vivere, insomma, quell’ora che Tu hai detto ieri, senza morire, Lei che era sola,
giovanetta, senza di Te?
«Maria, la Senza Macchia, non poteva avere paura di Dio.
Eva non ne aveva paura finchè fu innocente.
Ed
Io c’ero.
Io, il Padre e lo Spirito, Noi che siamo in Cielo e in Terra e in ogni luogo, e che avevamo il nostro
Tabernacolo nel cuore di Maria », dice dolcemente Gesù.
«Che cosa! Che cosa!… Ma dopo che Tu hai parlato di morte… E ogni gioia è finita… Ma perchè proprio a
noi tre tutto questo? Non era bene darla a tutti questa visione della tua gloria?».
«Appunto perchè tramortite udendo parlare di morte, e morte per supplizio, del Figlio dell’uomo, l’Uomo-
Dio vi ha voluto fortificare per quell’ora e per sempre con la precognizione di ciò che Io sarò dopo la Morte.
Ricordatevi tutto questo, per dirlo a suo tempo… Avete capito?».
«Oh! si, Signore. Non è possibile dimenticare. E sarebbe inutile raccontare. Ci direbbero “ebbri”».