[….] E Gesù, legato di nuovo, esce, con una tunica di lino, che gli giunge al ginocchio, sopra la rossa veste di lana.
E tornano da Pilato.
Ora, quando la centuria fende a fatica la folla, che non si è stancata di attendere davanti al palazzo
proconsolare - ed è strano vedere tanta folla in quel luogo e nelle vicinanze, mentre il resto della città appare
vuoto di popolo - Gesù vede in gruppo i pastori, e sono al completo, ossia Isacco, Gionata, Levi, Giuseppe,
Elia, Mattia, Giovanni, Simeone, Beniamino e Daniele, insieme ad un gruppetto di galilei di cui riconosco
Alfeo e Giuseppe di Alfeo, insieme a due altri che non conosco ma che direi giudei alla acconciatura.
E più
oltre, scivolato fin dentro al vestibolo, seminascosto dietro una colonna, insieme ad un romano che direi un
servo, vede Giovanni. Sorride a questo e a quelli... I suoi amici... Ma che sono questi pochi, e Giovanna e
Manaem e Cusa, in mezzo ad un oceano di odio che bolle?...
Il centurione saluta Ponzio Pilato e riferisce.
«Qui ancora?! Auf! Maledetta questa razza! Fate avanzare la plebaglia e portate qui l'Accusato. Euè! che
noia!».
Va verso la folla, sempre fermandosi a metà vestibolo.
«Ebrei, udite.
Mi avete condotto quest'uomo come sobillatore del popolo. Davanti a voi l'ho esaminato e non
ho trovato in Lui nessuno dei delitti di cui lo accusate. Erode non più di me ha trovato. E a noi lo ha
rimandato. Non merita la morte. Roma ha parlato. Però, per non dispiacervi levandovi il sollazzo, vi darò in
cambio Barabba.
(Potrebbe essere il ladro e assassino nominato da Gesù al Vol 9 Capp 567 e 576 dalla gente,
perché apprendiamo da Matteo 27, 16 che si trattava di “un prigioniero famoso”).
E Lui lo farò colpire con
quaranta colpi di fustigazione. Basta così».
«No, no! Non Barabba! Non Barabba! A Gesù la morte! E morte orrenda! Libera Barabba e condanna il
Nazzareno».
«Ma udite! Ho detto fustigazione. Non basta? Lo farò flagellare, allora! è atroce, sapete? Può morire per
essa. Che ha fatto di male? Io non trovo nessuna colpa in Lui. E lo libererò».
«Crocifiggi! Crocifiggi! A morte! Protettore dei delinquenti sei! Pagano! Satana tu pure!»
La folla si fa sotto e la prima schiera di soldati ondeggia nell'urto, non potendo usare le aste. Ma la seconda
fila, scendendo d'un gradino, rotea le aste e libera i compagni.
«Sia flagellato», ordina Pilato a un centurione.
«Quanto?».
«Quanto ti pare... Tanto è affare finito. E io sono annoiato. Va'».
Gesù viene tradotto da quattro soldati nel cortile oltre l'atrio. In esso, tutto selciato di marmi colorati, è al
centro un'alta colonna simile a quella del porticato.
A un tre metri dal suolo essa ha un braccio di ferro
sporgente per almeno un metro e terminante in anello.
A questa viene legato Gesù con le mani congiunte
sull'alto del capo, dopo che fu fatto spogliare.
Egli resta unicamente con delle piccole brache di lino e i
sandali.
Le mani legate ai polsi vengono alzate sino all'anello, di modo che Egli, per quanto sia alto, non
poggia al suolo che la punta dei piedi...
E deve essere tortura anche questa posizione.
Ho letto non so dove che la colonna era bassa e Gesù stava curvo. Sarà. Io vedo così e così dico.
Dietro a Lui si, colloca uno dalla faccia di boia, dal netto profilo ebraico; davanti a Lui, un altro dalla faccia
uguale.
Sono armati del flagello, fatto di sette strisce di cuoio legate ad un manico e terminanti in un
martelletto di piombo.
Ritmicamente, come per un esercizio, si danno a colpire.
Uno davanti, l'altro di dietro,
di modo che il tronco di Gesù è in una ruota di sferze e di flagelli.
I quattro soldati a cui è consegnato,
indifferenti, si sono messi a giocare a dadi con altri tre soldati sopraggiunti.
E le voci dei giuocatori si cadenzano sul suono dei flagelli, che fischiano come serpi e poi suonano come
sassi gettati sulla pelle tesa di un tamburo, percuotendo il povero corpo così snello e di un bianco d'avorio
vecchio, e che diviene prima zebrato di un rosa sempre più vivo, poi viola, poi si orna di rilievi d'indaco
gonfi di sangue, e poi si crepa e rompe lasciando colare sangue da ogni parte.
E infieriscono specie sul torace
e l'addome, ma non mancano i colpi dati alle gambe e alle braccia e fin sul capo, perchè non vi fosse brano di
pelle senza dolore.
E non un lamento...
Se non fosse sostenuto dalla fune, cadrebbe.
Ma non cade e non geme.
Solo la testa gli
pende, dopo colpi e colpi ricevuti, sul petto, come per svenimento.
«Ohé! Fermati! Deve essere ucciso da vivo», urla e motteggia un soldato.
I due boia si fermano e si asciugano il sudore.
«Siamo sfiniti», dicono.
«Dateci la paga, che si possa bere per ristorarsi...
«La forca vi darei! Ma prendete...», e un decurione getta una larga moneta ad ognuno dei due boia.
«Avete lavorato a dovere. Pare un mosaico. Tito, dici che era proprio questo l'amore di Alessandro?
(Milite
romano incontrato nei capitoli 86 e 115 del Vol 2, e ricordato al Vol 3 Cap 204 e al Vol 7 Cap 461).
Allora
gliene daremo notizia perché faccia il lutto. Sleghiamolo un poco».
Lo slegano e Gesù si accascia al suolo come morto.
Lo lasciano là, urtandolo ogni tanto col piede calzato
dalle calighe per vedere se geme.
Ma Egli tace.
«Che sia morto? Possibile? È giovane e artiere, mi hanno detto... e pare una dama delicata».
«Ora ci penso io», dice un soldato. E lo mette seduto con la schiena alla colonna. Dove Egli era, sono grumi
di sangue... Poi va ad una fontanella che chioccola sotto al portico, empie un mastello d'acqua e la rovescia
sul capo e sul corpo di Gesù.
«Così ! Ai fiori fa bene l'acqua».
Gesù sospira profondamente e fa per alzarsi, ma ancora sta ad occhi chiusi.
«Oh! bene. Su, bellino! Che ti aspetta la dama!...».
Ma Gesù inutilmente punta al suolo i pugni nel tentativo di drizzarsi.
«Su! Svelto! Sei debole? Ecco il ristoro», ghigna un altro soldato.
E con l'asta della sua alabarda mena una
bastonata al viso e coglie Gesù fra lo zigomo destro e il naso, che si mette a sanguinare.
Gesù apre gli occhi, li gira.
Uno sguardo velato... Fissa il soldato percuotitore, si asciuga il sangue con la
mano, e poi, con molto sforzo, si pone in piedi.
«Vestiti. Non è decenza stare così. Impudico!».
Ridono tutti in cerchio intorno a Lui.
Egli ubbidisce senza parlare.
Ma mentre si china - e solo Lui sa quello che soffre nel piegarsi al suolo, così
contuso come è, e con le piaghe che nel tendersi della pelle si aprono più ancora, e altre che se ne formano
per vesciche che si rompono - un soldato dà un calcio alle vesti e le sparpaglia e, ogni volta che Gesù le
raggiunge andando barcollante dove esse cadono, un soldato le spinge o le getta in altra direzione.
E Gesù ,
soffrendo acutamente, le insegue senza una parola, mentre i soldati lo deridono oscenamente.
Può finalmente rivestirsi.
E rimette anche la veste bianca, rimasta pulita in un angolo. Pare voglia nascondere
la sua povera veste rossa, solo ieri tanto bella ed ora lurida di immondizie e macchiata del sangue sudato nel
Getsemani.
Anzi, prima di mettersi la tunichella corta sulla pelle, con essa si asciuga il volto bagnato e lo
deterge così da polvere e sputi.
Ed esso, il povero, santo volto, appare pulito, solo segnato da lividi e piccole
ferite. E si ravvia i capelli caduti scomposti e la barba per un innato bisogno di essere ordinato nella persona.
E poi si accoccola al sole.
Perchè trema, il mio Gesù... La febbre comincia a serpeggiare in Lui con i suoi
brividi.
E anche la debolezza del sangue perduto, del digiuno, del molto cammino, si fa sentire.